Napoli - Un’inchiesta per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi. È questa l’ipotesi di reato su cui lavora la Procura di Napoli dopo la morte di Antony Ihaza Ehogonoh, 35 anni, deceduto lunedì scorso durante un intervento dei carabinieri nel quartiere Chiaia.
Cinque militari dell’Arma sono stati iscritti nel registro degli indagati, un atto definito “dovuto” dagli inquirenti per consentire loro di partecipare agli accertamenti tecnici e difendersi con i propri consulenti durante l'autopsia.
L’inchiesta è coordinata dal pm Barbara Aprea, del pool diretto dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone. Ieri è stato conferito l’incarico per l’autopsia, che sarà eseguita martedì. Alla perizia parteciperanno anche i consulenti nominati dai familiari della vittima – assistiti dagli avvocati Luigi e Francesco Tuccillo – e dalla proprietaria dell’appartamento, rappresentata dal legale Luigi Carrino.
La dinamica dell'episodio
Secondo la prima ricostruzione, quella mattina i carabinieri erano intervenuti in via Fornelli, dopo la segnalazione di un uomo “in evidente stato di agitazione”. Antony, cittadino italiano di origini straniere, stava manifestando comportamenti ritenuti pericolosi per sé e per chi lo circondava.
Durante il tentativo di bloccarlo, i militari avrebbero seguito il protocollo operativo: prima il dialogo, poi l’uso dello spray urticante, infine il taser. Immobilizzato, l’uomo è stato caricato su un’ambulanza per essere trasferito in ospedale. Ma non ci è mai arrivato.
I vicini testimoni hanno raccontato nei giorni scorsi al Tgr della Campania che era già moribondo durante il trasporto in ambulanza e che è stato visto con la bava alla bocca.
L'uomo è morto durante il tragitto, forse a causa di un arresto cardiaco, anche se solo l’esame autoptico potrà stabilire se il decesso sia legato all’uso della pistola elettrica o ad altre cause pregresse.
Le parole della compagna
“Voglio sapere chi sono i responsabili e perché è morto così”, ha detto la compagna del 35enne, chiedendo verità e giustizia.Potrebbe interessarti
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L’episodio, al di là delle risultanze giudiziarie, riaccende il dibattito sull’uso del taser da parte delle forze dell’ordine, un’arma classificata come “meno letale” ma che, negli ultimi anni, è finita più volte al centro di polemiche e indagini.
Gli altri casi in Italia
Il caso di Napoli non è un episodio isolato. In Italia, sono almeno cinque le morti registrate negli ultimi mesi dopo l’utilizzo del taser da parte di polizia o carabinieri.
Nel luglio 2024, a Milano, morì un 41enne dopo essere stato colpito da scariche elettriche nel corso di un intervento di contenimento: anche lì fu disposta un’autopsia per chiarire il ruolo del taser nella catena causale della morte.
Poche settimane prima, a Torino, un uomo di 39 anni era deceduto per un arresto cardiaco subito dopo il fermo, mentre a Firenze, nel 2023, la morte di un cittadino nigeriano colpito con il taser aveva sollevato interrogativi sulla formazione degli operatori e sulla reale sicurezza dello strumento.
Altri casi si sono verificati a Roma e Crotone, con dinamiche analoghe: soggetti agitati, interventi delle forze dell’ordine, uso del dispositivo elettrico e decessi poco dopo.
Secondo le linee guida ministeriali, il taser deve essere utilizzato come ultima risorsa per fermare soggetti violenti o pericolosi, evitando l’impiego prolungato o ravvicinato. Tuttavia, le procure che indagano sui vari episodi intendono verificare anche l’efficienza e la manutenzione delle dotazioni elettroniche, per escludere malfunzionamenti tecnici.
Un dibattito ancora aperto
Introdotto a livello nazionale nel 2022, il taser era stato presentato come una garanzia di sicurezza per gli agenti e come alternativa non letale alle armi da fuoco. Ma i casi recenti mostrano che il confine tra deterrenza e rischio letale può essere sottile, specie quando entrano in gioco soggetti con patologie pregresse, uso di sostanze o stati di alterazione psicofisica.
Il ministro dell’Interno, già dopo i primi episodi, aveva annunciato una revisione dei protocolli operativi e una formazione più specifica per gli operatori. Tuttavia, la sequenza di morti sospette impone ora una riflessione più ampia: sull’opportunità dell’uso del taser, sulla trasparenza delle indagini e sulla necessità di bilanciare sicurezza pubblica e tutela della vita umana.
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