Un’operazione su più fronti, tra Roma, Napoli e il litorale pontino, riaccende i riflettori sulle presunte infiltrazioni camorristiche nel tessuto politico-amministrativo di Terracina.
I Carabinieri del Comando Provinciale di Latina hanno eseguito una serie di misure cautelari personali e reali emesse dal GIP del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia capitolina.
Al centro dell’inchiesta, reati pesanti: scambio elettorale politico-mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e turbata libertà degli incanti. Contestualmente è scattato un sequestro preventivo finalizzato alla confisca: immobili e quote societarie per un valore complessivo indicato dagli investigatori in oltre
10 milioni di euro, cifra che in un passaggio operativo viene quantificata anche in oltre
11 milioni.
Il nome chiave: Eduardo Marano, “uomo di punta” e ponte con Secondigliano
Tra i principali destinatari del provvedimento spicca Eduardo Marano, indicato dagli inquirenti come figura apicale dell’orbita Liccardi, clan storico dell’Alleanza di Secondigliano, radicato nell’area nord di Napoli. Per la DDA, Marano non sarebbe un comprimario: il suo ruolo, nella ricostruzione investigativa, è quello di “cerniera” tra la forza intimidatoria del gruppo e le dinamiche locali, con capacità di incidere su rapporti economici e – soprattutto – su scelte e interessi nel contesto cittadino di Terracina.
Il profilo di Marano, sempre secondo l’impostazione accusatoria, assume ulteriore peso anche per la dimensione familiare: è il marito di Patrizia Liccardi, indagata in stato di libertà. Un legame che, per chi indaga, rafforzerebbe la lettura di un “insediamento” stabile e non occasionale di una famiglia collegata – anche per vincoli di sangue – al clan di Secondigliano, con proiezioni sul basso Lazio.
In manette (ai domiciliari) anche il consigliere comunale Gavino De Gregorio
Nell’elenco dei destinatari delle misure cautelari figura anche Gavino De Gregorio, consigliere comunale di Terracina (lista del sindaco Giannetti), finito agli arresti domiciliari. L’inchiesta lo colloca in un asse operativo con Marano: un rapporto che, nella prospettiva degli inquirenti, avrebbe saldato interessi politici locali e disponibilità criminali riconducibili all’area Liccardi.
De Gregorio – assicuratore di professione, secondo quanto riportato negli atti citati in ambienti investigativi – viene descritto come soggetto in grado di muoversi tra i gangli dell’amministrazione e le relazioni economiche del territorio, ruolo che lo avrebbe reso funzionale, sempre secondo l’accusa, a operazioni di pressione, mediazione e “garanzia” nell’interesse del gruppo.
L’inchiesta: indagini tra giugno 2022 e ottobre 2023
Le attività, svolte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Latina e coordinate dalla DDA di Roma, coprono un arco temporale compreso tra giugno 2022 e ottobre 2023. La scintilla investigativa nasce da un lavoro info-investigativo sul territorio: gli investigatori riferiscono di aver ricostruito l’inserimento progressivo nel tessuto economico, imprenditoriale, politico e sociale di Terracina di una famiglia ritenuta collegata al clan Liccardi.
L’obiettivo dichiarato dell’operazione è contrastare il condizionamento delle consultazioni elettorali e degli appalti pubblici: due canali considerati “strategici” per la penetrazione della criminalità organizzata nelle realtà amministrative.
Voto di scambio: la promessa di voti e la “disponibilità” dopo l’elezione
Uno degli snodi dell’indagine è l’ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso legata alle amministrative del maggio 2023 a Terracina. La contestazione, per come viene ricostruita, ruota attorno a un patto: De Gregorio avrebbe chiesto e ottenuto da Marano la promessa di procurare voti, sfruttando il peso intimidatorio e relazionale attribuito all’uomo ritenuto vicino (o interno) al clan Liccardi.
In cambio, De Gregorio avrebbe garantito la propria disponibilità a “soddisfare interessi ed esigenze” di Marano e di persone a lui vicine sul territorio di Terracina. A valle della tornata elettorale, De Gregorio viene effettivamente eletto consigliere, nominato capogruppo e indicato come presidente della Commissione Attività Produttive e Demanio: incarichi che, nella lettura investigativa, aumentano la rilevanza del presunto accordo, perché potenzialmente idonei a incidere su concessioni, autorizzazioni e dinamiche economiche locali.
Le estorsioni contestate: minacce, pressioni e “metodo mafioso”
Accanto al voto di scambio, il fascicolo contiene contestazioni di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Il caso “Terrazze Lido” e le pressioni sul suolo pubblico
De Gregorio è accusato anche di un’estorsione in concorso (con Domenico Scevola, indicato come indagato), legata a una vicenda di concessioni e occupazione di suolo pubblico in Piazza Aldo Moro. La ricostruzione parla di una contrapposizione tra un’attività di ristorazione e un soggetto titolare di concessione per animazione/spettacoli per bambini.
Secondo quanto emerge, De Gregorio nel maggio 2024 avrebbe esercitato pressioni sull’assessore alle Attività Produttive, Gianluca Corradini, affinché contattasse l’altra parte e proponesse una sistemazione alternativa. Per gli inquirenti, quelle interferenze avrebbero avuto la finalità di “liberare” l’area e incidere sulla concessione.
Il prestito usurario: la pretesa di Marano e le intimidazioni
C’è poi l’episodio più direttamente attribuito all’asse De Gregorio–Marano: la restituzione di un prestito qualificato come usurario. Marano, secondo le accuse, avrebbe preteso la restituzione del denaro e avrebbe agito con minacce e violenza. Viene descritto un episodio di aggressione: un pugno sferrato alla vittima nell’atrio del palazzo dove si trova l’agenzia assicurativa di De Gregorio.
Le ulteriori minacce, sempre secondo l’impostazione accusatoria, sarebbero state veicolate anche da De Gregorio per conto di Marano: alla vittima sarebbe stato prospettato il rischio di essere accoltellata dall’affiliato/contiguo al clan, fino a indicare come “unica soluzione” l’idea di lasciare Terracina.
Un quadro che la Procura inquadra come tipica proiezione intimidatoria di matrice mafiosa: non solo la pretesa economica, ma la costruzione della paura come strumento di governo del territorio.
Il sequestro: una “dote” immobiliare da milioni di euro
Parallelamente agli arresti, è stato eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca che riguarda beni ritenuti provento o strumento delle attività contestate. L’elenco indicato dagli investigatori è imponente:7 locali commerciali, descritti come un’intera galleria commerciale, 1 B&B 20 unità immobiliari,3 terreni e beni e attività tra Napoli, Terracina, San Felice Circeo e Roma.
Secondo l’accusa, un imprenditore locale in rapporti con il soggetto ritenuto appartenente al clan avrebbe fittiziamente intestato a terzi immobili, quote societarie e attività commerciali per sottrarli a possibili misure di prevenzione patrimoniale.
Un secondo filone: 11 indagati e nuove contestazioni
Nel corso dell’operazione, i Carabinieri stanno notificando anche informazioni di garanzia, emesse dalla Procura di Latina, nei confronti di 11 indagati. Le ipotesi di reato, in questo filone “stralciato”, includono trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, sottrazione fraudolenta di crediti d’imposta, corruzione e turbata libertà degli incanti.
La separazione dei procedimenti, secondo quanto indicato, discende da uno stralcio disposto nell’ambito dell’indagine principale coordinata dalla DDA di Roma.