Nella foto Vincenzo Salzano e i documenti falsi trovati nella sua abitazione
Centrale del falso di Casalnuovo: ora gli investigatori stanno ricostruendo la rete di contatti del 40enne Vincenzo Salzano, per capire a chi fossero destinati quei documenti e quale uso venisse fatto delle carte e del terminale elettronico. L’ipotesi più probabile è che il materiale servisse per mettere in piedi truffe o transazioni fraudolente, magari con carte clonate o rubate.
Nonostante la varietà degli attori — dal falsario “artigiano” al broker digitale — gli inquirenti ritengono che in diversi casi le officine del falso operino su commissione di strutture più ampie, dove la camorra o gruppi criminali locali forniscono protezione, logistica e canali di ricettazione per i proventi.
In alcune indagini collegate al traffico di beni rubati e all’immigrazione clandestina sono emerse connessioni operative tra laboratori di contraffazione e clan locali, che sfruttano le identità false per camuffare proprietà di veicoli, trasferire denaro e aprire rapporti finanziari. Le inchieste della scorsa stagione (Salerno, Napoli e province limitrofe) hanno già svelato come reti criminali abbiano organizzato catene che vanno dalla falsificazione alla collocazione sul mercato europeo dei documenti.
Nella abitazione di via Vanvitelli a Casalnuovo gli uomi della Squadra Mobile di Napoli hanno rinvenuto in un cassetto decine di carte di identità pronte per l’uso. Carte d’identità con nomi diversi, tessere sanitarie false, carte di credito e debito emesse da istituti differenti, due computer portatili, due smartphonee persino un Pos, forse utilizzato per prelevare denaro o far girare le carte rubate.
Pe lui è scattato l'arresto con l'accusa di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi e ricettazione.
Ma per Salzano non è la prima volta. Il suo nome, infatti, era già comparso dieci anni fa nelle cronache di nera. Nel 2014, fu arrestato nella sua abitazione di via Vanvitelli, sempre a Casalnuovo, con l’accusa di furto aggravato in abitazione.
Allora, secondo gli inquirenti, si sarebbe spacciato per un carabiniere: indossava una finta divisa, mostrava una paletta segnaletica con la scritta “Ministero delle Finanze” e un mandato di perquisizione falso, con cui riuscì a introdursi nella casa di un imprenditore di San Giovanni a Teduccio.
Il bottino: due Rolex, telefoni cellulari e gioielli per un valore di circa 40mila euro.
Da allora, la sua traiettoria criminale non sembra essersi interrotta.
L’arresto di ieri si inserisce in una serie di operazioni condotte nelle ultime settimane tra Napoli e provincia da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, tutte legate al fenomeno del falso documentale e del riciclaggio di identità.
Una rete parallela che fornisce identità fasulle non solo alla criminalità organizzata, ma anche a migranti irregolari o truffatori digitali. In alcuni casi, i documenti vengono utilizzati per aprire conti correnti, intestare veicoli o ricevere pagamenti elettronici legati ad attività illecite.
Una filiera sommersa, insomma, che fa della Campania uno snodo strategico del business dell’identità contraffatta, dove la tecnologia si intreccia con la vecchia scuola della truffa e del furto.Un business che, ancora una volta, passa da una stanza qualsiasi di una palazzina di periferia.
Produzione e vendita “chiavi in mano” di identità false; creazione di documenti “incompleti” da completare a valle (con foto o dati forniti dal cliente); spedizioni tramite pacchi o consegne locali; intermediazione con “corrieri” che movimentano i documenti verso l’estero.
La domanda è eterogenea. Tra i committenti figurano: migranti irregolari che cercano coperture amministrative; truffatori e gang specializzate in frodi bancarie e postali;
reti criminali che utilizzano le identità per intestare beni rubati, aprire conti o evadere controlli fiscali.
Le indagini giudiziarie mostrano come la produzione di documenti falsi sia spesso intrecciata ad altri affari illeciti: permessi contraffatti per ingressi irregolari, pratiche fittizie per contributi o lavoro nero, e uso di documenti per rendere “operativi” correnti di denaro illeciti. Operazioni coordinate tra Procure e forze dell’ordine hanno già portato a misure cautelari contro gruppi che offrivano pacchetti completi per l’ingresso illegale e la regolarizzazione fittizia di stranieri.
Nonostante la varietà degli attori — dal falsario “artigiano” al broker digitale — gli inquirenti ritengono che in diversi casi le officine del falso operino su commissione di strutture più ampie, dove la camorra o gruppi criminali locali forniscono protezione, logistica e canali di ricettazione per i proventi.
In alcune indagini collegate al traffico di beni rubati e all’immigrazione clandestina sono emerse connessioni operative tra laboratori di contraffazione e clan locali, che sfruttano le identità false per camuffare proprietà di veicoli, trasferire denaro e aprire rapporti finanziari.
Le inchieste della scorsa stagione (Salerno, Napoli e province limitrofe) hanno già svelato come reti criminali abbiano organizzato catene che vanno dalla falsificazione alla collocazione sul mercato europeo dei documenti.
Un effetto collaterale particolarmente odioso del mercato delle identità false è l’incremento delle truffe agli anziani e delle frodi bancarie. Identità rubate o clonate permettono ai gruppi di mettere a segno operazioni di spoofing, prelevamenti illeciti e acquisti con carte clonate; in molti casi, le forze dell’ordine documentano reti che usano identità illecite per registrare contratti, ottenere spese a carico di terzi e incassare rimborsi. I Carabinieri e la Polizia hanno arrestato gruppi che, con artifizi telefonici e documenti falsi, hanno raggirato decine di anziani, sottraendo somme e beni. Questo anello — documenti falsi → carte intestate a ignari → truffe agli anziani → riciclaggio — è ormai consolidato in più province.
I canali di distribuzione sono molteplici: consegne locali “porta a porta”, corrieri che transitano nella rete postale, e sempre più frequentemente passaggi tramite canali criptati (Telegram, gruppi WhatsApp, dark web). Alcune operazioni smascherate mostrano spedizioni verso paesi europei e nordafricani, a indicare che il mercato ha una dimensione transnazionale. Le autorità postali e i corrieri, d’intesa con le procure, stanno mettendo in piedi sistemi di monitoraggio per identificare spedizioni “anomale”.
Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Postale hanno intensificato i blitz: tra sequestri di attrezzature, arresti e sequestri patrimoniali emergono operazioni rilevanti in Ponticelli, Casoria, Aversa, Torre Annunziata e ora Casalnuovo.
Le procure hanno aperto filoni che vanno dall’associazione a delinquere alla ricettazione e alla truffa informatica; importanti sequestri dimostrano la portata del fenomeno, che richiede cooperazione interforze e strumenti di analisi digitale per decifrare le reti telematiche di vendita.
Le operazioni di Polizia e della Guardia di Finanza che negli ultimi mesi hanno colpito laboratori di falsificazione raccontano la stessa storia: dietro l’apparente artigianalità si nascondono reti capaci di integrare competenze tecnologiche, canali logistici e coperture fornite da gruppi criminali.
L’identità contraffatta non è più solo uno strumento isolato, ma l’infrastruttura che permette a frodi, riciclaggio e traffici di prosperare. Per spezzare questa catena servono più strumenti tecnologici alle forze dell’ordine, regole bancarie più stringenti e un’azione giudiziaria coordinata che colpisca simultaneamente produzione, domanda e piazze di ricettazione.
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