Crotone – Al matrimonio della figlia di Giorgio Greco, ritenuto dagli inquirenti al vertice della ‘ndrina di Cariati, erano presenti esponenti di spicco della criminalità organizzata calabrese.
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L’operazione “Boreas”, che ieriha portato a venti arresti, ha svelato dettagli inquietanti sulla cerimonia, alla quale hanno partecipato Domenico Megna, capo dell’omonima cosca di Papanice (Crotone), e Giuseppe Cariati, figura di rilievo del clan Farao Marincola di Cirò. Quest’ultimo è fratello di un uomo coinvolto in un omicidio avvenuto a Stoccarda nel 1984, evento che accese l’attenzione delle autorità tedesche e italiane sulle attività della ‘ndrangheta in Germania.
L’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal giudice per le indagini preliminari Sara Merlini, riporta i dialoghi intercorsi tra Giorgio Greco e Rocco Creolese, dai quali emergono informazioni sugli assetti passati e attuali della ‘ndrangheta, oltre a riferimenti a omicidi e traffico di droga.
Secondo il gip, tra gli ospiti del matrimonio figurava anche Provino Meles, giudice di pace di Napoli, che Greco avrebbe cercato di trasferire a Cirò per favorire la cosca con la sua funzione.
Un giorno di festa per Giorgio Greco, ritenuto dalla DDA di Catanzaro il capo della ’ndrina di Cariati. La location è un rinomato locale di Mandatoriccio, dove si celebra il matrimonio di sua figlia. Tra gli invitati, però, non ci sono solo parenti e amici: gli agenti della polizia, nascosti tra la folla, annotano nomi e conversazioni, rivelatisi poi fondamentali per le indagini.
Tra i presenti spicca Domenico Megna, capo della cosca di Papanice, uno dei nomi più influenti della ’ndrangheta crotonese. Ma non è l’unico: alla cerimonia partecipano esponenti di spicco delle famiglie mafiose locali, alcuni membri delle forze dell’ordine e persino un avvocato che svolge le funzioni di giudice di pace presso la Corte d’Appello di Napoli.
Greco, indicando un uomo al futuro genero, lo presenta come Provino Meles, all’epoca agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione Boreas. «È il giudice nostro», dice con sicurezza, aggiungendo che presto tornerà in Calabria, a Cirò, per «conzare» (sistemare) gli affari del gruppo. La fiducia del boss è alta: «Al 99% lo riportiamo a casa», afferma.
Meles, nominato giudice di pace a Gragnano con una delibera del CSM il 21 novembre 2021, è presente insieme al fratello Raffaele, anche lui avvocato e finito ai domiciliari. Per gli investigatori, l’interesse per il suo ritorno non è una questione personale, ma strategica per l’organizzazione.
Le intercettazioni rivelano altri dettagli inquietanti. Uno degli ospiti viene identificato come fratello di Basilio Cariati, condannato nel 1985 dal Tribunale di Stoccarda per omicidio e tentato omicidio in concorso in una sanguinosa faida. «È da 40 anni in galera», commenta Greco.
Anche la disposizione dei tavoli non è casuale. Il boss si intrattiene con il cantante della serata, un volto noto della musica popolare calabrese, chiedendogli chi siano i commensali di un tavolo specifico. Tra loro c’è Mico Megna, leader della cosca di Papanice, arrivato in compagnia di uomini di Rocca di Neto.
Greco nota con sospetto la presenza di due carabinieri e chiede spiegazioni. Viene rassicurato: «È un militare tranquillo al mille per mille», gli dicono. Niente da temere.
Le indagini confermano un sistema di relazioni solide tra criminalità, professionisti e apparato dello Stato. Un intreccio che, ancora oggi, mostra quanto radicata sia l’influenza della ’ndrangheta in Calabria.
L’inchiesta continua a svelare il tessuto di relazioni tra esponenti della ‘ndrangheta e figure apparentemente insospettabili, confermando l’infiltrazione della criminalità organizzata in diversi ambiti della società.
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