Pablo Escobar : mito o bandito ? Ecco La Verità Che Non Ti Raccontano
Pablo Escobar, il leggendario “Re della polvere bianca“, è stato uno dei criminali più famoso e pericoloso del mondo . Nel 1993, dopo anni di caccia, Escobar viene ucciso a Medellín dalle forze speciali colombiane, aiutate dagli Stati Uniti con tecnologie avanzate come la triangolazione radio.
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È la fine del cartello di Medellín, ma anche l’inizio di un sospetto: e se fosse stato lasciato crescere finché serviva, per poi essere eliminato quando è diventato una minaccia per chi tira davvero le fila? La sua morte, avvenuta il giorno dopo il suo 44esimo compleanno, sembra quasi un “messaggio” a chi osa sfidare i veri potenti del mondo.
Pablo Emilio Escobar Gaviria non era un santo: abbandona la scuola nel 1966, inizia con furti e sequestri, e negli anni ‘70 si tuffa nel business della cocaina, proprio quando la Colombia diventa il cuore del narcotraffico mondiale. Fonda il cartello di Medellín, che arriva a controllare l’80% del traffico globale di cocaina, smerciando droga negli Stati Uniti con aerei e persino sottomarini, usando isole come Norman’s Cay alle Bahamas come base operativa. La sua ricchezza? Inimmaginabile: 30 miliardi di dollari all’anno, tanto da farlo diventare il settimo uomo più ricco del mondo secondo Forbes negli anni ‘80.
Ma come ha fatto un criminale di strada a costruire un impero del genere senza che nessuno lo fermasse? Escobar non era solo un boss: era anche un politico. Nel 1982 viene eletto deputato con il Partito Liberale, e si guadagna il soprannome di “Robin Hood” donando soldi ai poveri di Medellín, finanziando case, scuole e persino la squadra di calcio Atletico Nacional, che vince la Coppa Libertadores nel 1989.
Ma dietro la facciata da benefattore, c’è un uomo che corrompe giudici, compra politici e ammazza chi gli si oppone: il ministro della giustizia Rodrigo Lara Bonilla, assassinato nel 1984, è solo uno dei tanti. Eppure, per anni, nessuno lo tocca davvero. Possibile che i poteri forti – governi, intelligence, persino la CIA – abbiano chiuso un occhio?
Escobar usava la strategia “plata o plomo” (argento o piombo): o ti corrompeva con i soldi, o ti eliminava con le pallottole. Negli anni ‘70 e ‘80, il suo cartello traffica tonnellate di cocaina, e lui corrompe chiunque: giudici, politici, militari. Nel 1976 viene arrestato, ma si fa scarcerare pagando mazzette.
La sua tenuta Nápoles, con zoo privato e pista d’atterraggio, è il simbolo di un potere che sembra intoccabile. Ma c’è di più: Escobar opera in un contesto dove la cocaina serve a finanziare guerre e operazioni segrete. Alcuni, come suo figlio Juan Pablo, hanno ipotizzato che lavorasse con la CIA per finanziare la lotta anticomunista in Centroamerica, vendendo droga i cui proventi tornavano utili a certi “poteri forti”.
Coincidenza? Beh finché Escobar porta soldi e non minaccia gli equilibri, sembra che tutti lo lascino fare. La Colombia degli anni ‘70 e ‘80 è un caos di corruzione e guerriglia, e il cartello di Medellín si spartisce il mercato con quello di Calì, senza che nessuno intervenga davvero. Ma quando Escobar diventa troppo grande – con un impero che controlla l’80% della cocaina mondiale e un patrimonio che lo rende più ricco di interi Stati – qualcosa cambia.
Il punto di svolta arriva quando Escobar esagera: nel 1985 finanzia l’assalto al Palazzo di Giustizia di Bogotà, condotto dal gruppo M-19, che causa un massacro con circa 100 morti. La sua sete di potere lo porta a dichiarare guerra allo Stato colombiano e ai suoi nemici, come il cartello di Calì, che nel 1988 piazza un’autobomba davanti alla sua residenza Monaco. Escobar risponde con una violenza senza precedenti: attentati, omicidi, stragi.
Ma ormai è troppo: i poteri forti, che forse lo avevano tollerato, decidono che è ora di farlo fuori.Nel 1993, dopo anni di caccia, Escobar viene ucciso a Medellín dalle forze speciali colombiane, aiutate dagli Stati Uniti con tecnologie avanzate come la triangolazione radio. È la fine del cartello di Medellín, ma anche l’inizio di un sospetto: e se fosse stato lasciato crescere finché serviva, per poi essere eliminato quando è diventato una minaccia per chi tira davvero le fila? La sua morte, avvenuta il giorno dopo il suo 44esimo compleanno, sembra quasi un “messaggio” a chi osa sfidare i veri potenti del mondo.
La storia di Escobar fa riflettere: fin quando il suo traffico di droga serviva a ingrassare le tasche di chi contava – governi corrotti, intelligence, persino banche che riciclavano i suoi soldi – nessuno lo ha fermato davvero. Ma quando il suo potere è diventato troppo grande, minacciando gli equilibri globali, è stato fatto fuori senza pietà. È una teoria che aleggia tra le righe della sua vita: i poteri forti lo hanno protetto finché è stato utile, per poi scaricarlo quando ha iniziato a fare ombra. In fondo, un uomo che guadagna 90 milioni di dollari al giorno e controlla un mercato globale non è più un alleato: è un pericolo.
La storia di Escobar non si è fermata con la sua morte: la serie Narcos di Netflix, lanciata nel 2015, ha portato il suo mito a un livello cinematografico mai visto prima, trasformando un bandito in una leggenda globale. Interpretato magistralmente da Wagner Moura, Escobar è diventato un’icona pop, un simbolo di eccesso e potere che ha affascinato milioni di spettatori. La serie ha raccontato la sua ascesa e caduta con un mix di dramma e realismo, mostrando il lato oscuro del narcotraffico ma anche il carisma di un uomo che, nel bene e nel male, ha segnato un’epoca. Narcos non ha solo narrato una storia: ha creato un mito, rendendo di fatto Escobar immortale nell’immaginario collettivo.
Proprio come accaduto con un altro film che ha narrato la vita di un noto criminale, questa volta italiano: il boss della camorra e leader della NCO, Raffaele Cutolo. La pellicola di Giuseppe Tornatore, Il Camorrista è ormai un cult, grazie alla straordinaria interpretazione di Ben Gazzara, che ha portato sullo schermo, in modo crudo e realistico, la figura spietata e senza scrupoli di Cutolo.
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