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Offese a un cronista: pm chiede 8 mesi per il boss Augusto La Torre

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Il pubblico ministero della Procura di Ivrea ha chiesto otto mesi di reclusione per Augusto La Torre, storico esponente della camorra casertana, accusato di diffamazione aggravata nei confronti del giornalista Giuseppe Tallino, 35enne redattore di “Cronache di Caserta”.

Il processo, davanti al giudice monocratico Antonella Pelliccia, riapre il caso delle pesanti offese rivolte dal boss al reporter.

Le accuse: “Pseudogiornalista” e “pennivendolo”

La vicenda risale al 2018, quando La Torre, in un’intervista a un sito web casertano, attaccò Tallino definendolo “pseudogiornalista” e “portavoce della Procura”, contestando alcuni suoi articoli. Il cronista presentò querela, ma il boss non si fermò: nell’udienza del primo luglio scorso ha rincarato la dose, aggiungendo l’epiteto “pennivendolo” e accusandolo di “volere la scorta”.

Oggi, dopo la requisitoria del pm, La Torre ha tentato di smorzare le accuse sostenendo che le sue parole “non erano minacce, ma esercizio del diritto di critica”.

La difesa del giornalista e il ruolo della testata

In aula hanno discusso gli avvocati Alessandra Bazzaro e Francesco Parente, difensori di Tallino, e l’avvocato Gennaro Razzino, legale di Cronache di Caserta (costituitasi parte civile).

Gli avvocati hanno sostenuto l’accusa, depositando documentazione a conferma della correttezza degli articoli contestati, legati a un’inchiesta della DDA di Napoli che anni fa portò alla condanna di Antonio e Francesco Tiberio La Torre, fratello e figlio del boss.

Secondo i legali, quei pezzi “scatenarono la rabbia del mafioso”, che dal carcere rilasciò un’intervista infuocata prendendosela non solo con Tallino, ma anche con ex magistrati antimafia come Alessandro D’Alessio (oggi procuratore a Castrovillari) e Maria Antonietta Troncone (già procuratrice a Santa Maria Capua Vetere).

Il passato omicida e la collaborazione “riduttiva”

Augusto La Torre, a capo dell’omonimo clan affiliato ai Casalesi, è in carcere da 28 anni con condanne per decine di omicidi, tra cui la strage di Pescopagano (1990, 6 morti e 8 feriti). Pur essendosi pentito, la sua collaborazione è stata giudicata “riduttiva” e poco credibile.

Il processo riprenderà a maggio con la difesa dell’avvocato Alessio Michele Soldano. Intanto, la richiesta di condanna per diffamazione riaccende i riflettori sul rapporto tra criminalità organizzata e informazione.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 16 Aprile 2025 - 20:32


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