Napoli – Un lungo applauso, una tammurriata e le note struggenti di un’orchestra hanno accompagnato l’ultimo saluto a Roberto De Simone, il grande maestro scomparso domenica scorsa a 91 anni.
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I funerali, celebrati oggi nel Duomo di Napoli, hanno riunito istituzioni, artisti e cittadini, tutti uniti nel rendere omaggio all’autore de La gatta Cenerentola e all’indimenticato direttore del Teatro San Carlo.
Alle 16, sotto lo sguardo commosso di una folla silenziosa, la bara di De Simone è stata accolta in Cattedrale, adorna di corone di fiori, tra cui quella inviata dal Comune di Napoli. A vegliare sul feretro, due agenti della polizia municipale, mentre decine di persone – alcune in lacrime – si avvicendavano per un ultimo gesto d’affetto.
In prima fila, accanto alla moglie del maestro Riccardo Muti, il sindaco Gaetano Manfredi, il presidente della Regione Vincenzo De Luca e il prefetto Michele di Bari. E poi, volti noti della cultura e dello spettacolo: da Peppe Barra a Enzo Gragnaniello, da Mario Martone a Eugenio Bennato, fino a Nino D’Angelo e Marisa Laurito.
A celebrare il rito, l’arcivescovo Domenico Battaglia, che ha ricordato De Simone come un «archeologo dell’anima popolare», capace di «ridare voce a una Napoli autentica, fatta di canti, rituali e tammurriate».
«Oggi non siamo qui per dire addio, ma per dire grazie», ha esordito Battaglia. «Roberto ci ha insegnato che la vita è una partitura da suonare fino all’ultima nota, lasciando che la melodia continui altrove, più limpida e più vera». Un riferimento alla sua opera immensa, che ha «scavato nelle viscere di Napoli, restituendole dignità e bellezza».
Prima della cerimonia, il sindaco Manfredi ha sottolineato l’importanza di «valorizzare il patrimonio lasciato da De Simone: un’eredità che ha fatto conoscere al mondo la storia culturale di Napoli».
Anche Peppe Barra, storico collaboratore del maestro, ha voluto ricordarlo con parole accorate: «Il suo teatro è patrimonio dell’umanità. Napoli non è stata sempre buona con lui, ma tutto ciò che ha ottenuto, lo ha conquistato da solo».
Al termine della funzione, un lungo applauso ha salutato l’uscita del feretro, mentre alcuni cittadini accarezzavano la bara. Sul sagrato, il suono di una tammorra ha rotto il silenzio, quasi a riportare in vita quelle tradizioni popolari che De Simone aveva tanto amato e riportato in scena.
L’orchestra del Conservatorio di San Pietro a Majella ha chiuso la cerimonia con un brano musicale, mentre Napoli, ancora una volta, si stringeva attorno al suo maestro. Per dirgli, semplicemente: grazie.
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