Correva l’anno 1815 quando il vulcano Tambora, in Indonesia, decise di fare il botto più grande della storia: un’eruzione epica che sparò particelle nell’atmosfera, fece crollare le temperature e trasformò il 1816 nell’“anno senza estate”.
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Risultato? Raccolti distrutti, fame, colera, migliaia di morti e pure Mary Shelley che, infreddolita in Svizzera, si inventò Frankenstein. Sono passati più di 200 anni, e ora gli esperti ci avvertono: un altro mostro vulcanico è in agguato, pronto a farci vedere i sorci verdi.
Non è questione di “se”, ma di “quando”, dice Markus Stoffel, climatologo dell’Università di Ginevra. Le probabilità? Una su sei che un’eruzione colossale ci colpisca entro questo secolo, secondo quanto ha detto alla CNN qualche mese fa. E non siamo nel 1815: oggi il mondo è più affollato, più caldo per colpa del cambiamento climatico e, soprattutto, impreparato. “Sarà un casino climatico totale”, avverte Stoffel. Tradotto: zero piani, zero difese, solo un bel disastro globale.
I vulcani non scherzano: hanno creato continenti, plasmato l’atmosfera e possono cambiare il clima in un batter d’occhio. Quando eruttano, vomitano lava, cenere e gas, tra cui anidride carbonica (che scalda il pianeta, ma poca roba rispetto alle schifezze che produciamo noi con i combustibili fossili).
Il vero problema è l’anidride solforosa, un gas che fa danni seri. Immagina un’eruzione come quella islandese vicino a Grindavik nel 2024, ma mille volte peggio. L’anidride solforosa schizza nella stratosfera, a 11 km da terra, dove forma aerosol che riflettono la luce solare e raffreddano il pianeta. “Quelle particelle gireranno per il mondo e resteranno lì per un paio d’anni”, spiega Alan Robock, climatologo della Rutgers University che studia vulcani da una vita.
Non solo freddo: le mega eruzioni possono mandare in tilt le precipitazioni. I monsoni in Africa e Asia, che dipendono dalla differenza di temperatura tra terra e oceano, rischiano di sparire. “Un’eruzione massiccia può azzerare tutto”, dice Robock.
Senza monsoni, niente acqua per i campi. E senza campi, preparati a dire addio al cibo.Un disastro imprevedibile Se scoppia un vulcano, gli effetti sono immediati e brutali. Circa 800 milioni di persone vivono a meno di 100 km da un vulcano attivo: un’eruzione grossa potrebbe radere al suolo città intere.
Pensa ai Campi Flegrei, vicino a Napoli, che stanno dando segni di vita: lì ci vivono 1 milione di persone. Un botto e puff, addio città. A lungo termine, il clima impazzisce: un calo di 1°C sembra poco, ma è una media. “In alcune zone sarà un disastro ben peggiore”, avverte May Chim, scienziata dell’Università di Cambridge.
I punti caldi sono tanti: l’Indonesia, che pullula di vulcani pronti a esplodere, o Yellowstone, negli USA, che non scoppia da millenni ma potrebbe svegliarsi. “Quale sarà il prossimo e quando? Impossibile dirlo”, ammette Stoffel. Non possiamo fermare un’eruzione, ma almeno prepararci sì. Servono piani seri: scenari catastrofici, test di stress, evacuazioni, scorte di cibo e soccorsi. Ma per ora, il mondo sta a guardare, con le mani in mano, mentre il countdown del prossimo botto è già iniziato. Preparati, perché quando arriverà, sarà un inferno.
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