C’è stato un summit di camorra pochi giorni prima della ripresa della faida di Fuorigotta nell’aprile del 2021in cui il potente clan Saltalamacchia dei Quartieri Spagnoli ha in pratica “scaricato” i Sorianiello della “99” del Rione Traiano dando il via libera ai Troncone di agire.
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E’ quanto emerge alle oltre 700 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Antonio Santoro e con la quale la Dda di Napoli due settimane fa ha inferto una spallata definitiva ai clan Troncone di Fuorigrotta e Frizziero della Riviera di Chiaia.
Ma la mattina di quel summit ovvero il 12 aprile 2021, nel cuore di Fuorigrotta, viene registrata e intercettata la premessa dell’ennesimo capitolo della guerra di camorra tra i clan per il controllo del territorio.
Quella mattina, Vitale Troncone, insieme al figlio Giuseppe e a un terzo uomo conosciuto come “Simone”, si trovava all’interno di un’abitazione di via Caio Duilio, già sotto monitoraggio delle forze dell’ordine.
Durante una conversazione intercettata, Vitale e Giuseppe Troncone espressero con toni accesi il loro rancore verso gli uomini della “99”, accusandoli di comportamenti arroganti e criminali.
Giuseppe Troncone: “…prendo la pistola e uccido a qualcuno”
Il giovane Giuseppe, esasperato, arrivò a minacciare apertamente di passare alle vie di fatto: “Fino a quando non prendo la pistola e uccido qualcuno”. Vitale rincarava la dose, denunciando estorsioni ai danni dei commercianti (“chiedono 100 euro, 50 euro, si prendono le macchine”), rapine (“si prendono gli orologi dai polsi e le collane dal collo”) e spari in aria per intimidire la popolazione, fino a causare la chiusura di alcune attività commerciali, tra cui un centro massaggi nei pressi di via Cumana.
Il capo del clan Troncone manifestava l’intenzione di ristabilire l’ordine nel quartiere: “Ho rimesso piede a terra, mo’ se ne devono andare. Gli ho mandato un messaggio chiaro: devono sparire, Simò”. Il bersaglio principale delle accuse era Francesco Iadonisi, suocero di Flavio Di Lorenzo, ritenuto responsabile di aver favorito l’infiltrazione del clan Sorianiello a Fuorigrotta.
Nello stesso pomeriggio, un incontro tra i boss Mariano Frizziero, esponenti di primo piano del clan Saltalamacchia dei Quartieri Spagnoli e Simone Sorianiello, figlio del boss Alfredo o’ biondo e che all’epoca (prima di essere arrestato) era il reggente della cosca, confermava il malcontento generale per il comportamento degli affiliati della “99”.
Il diktat dei Saltalamacchia: “Ognuno deve stare nel proprio quartiere”
Durante il summit, venne criticata la gestione del territorio e condannato l’episodio della “stesa” ai danni dei Troncone. I Saltalamacchia si smarcarono con forza: “Noi non vogliamo queste cose. Ognuno deve restare nel proprio quartiere: Fuorigrotta ai fuorigrottesi, Bagnoli ai bagnolesi”. Una presa di posizione che testimoniava l’abilità dei Troncone nel tessere alleanze anche con gruppi criminali di peso.
La vendetta non si fa attendere
Due settimane dopo, la tensione esplose in una spedizione punitiva. Le immagini di videosorveglianza ripresero una scena sconcertante: scooter lanciati ad alta velocità in pieno giorno, spari in mezzo alla strada, incuranti dei passanti.
Nonostante l’azione dei killer non consentisse di identificarli con certezza, gli investigatori – basandosi sulle intercettazioni e sui movimenti ricostruiti – ritennero plausibile attribuire l’agguato ai vertici del clan Troncone, Vitale e Giuseppe.
Gli indizi erano chiari: l’obiettivo dell’attacco, Gennaro Volpe, era stato già destinatario di minacce da parte di Vitale Troncone tramite Antonio Volpe, suo parente. Inoltre, l’agguato avvenne proprio a Fuorigrotta, nel pieno della riorganizzazione del clan Troncone.
L’agguato a Volpe Gennaro
Il 30 aprile 2021, alle ore 15:55 circa, Gennaro Volpe venne raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco in via Giacomo Leopardi. La vittima si trovava in sella di un Honda SH, guidato da Paolo Sansò, anch’egli pregiudicato e considerato vicino al clan Sorianiello del Rione Traiano.
Le indagini, condotte analizzando filmati di numerose telecamere di sorveglianza pubbliche e private, ricostruirono nei dettagli la dinamica dell’agguato: tre scooter coinvolti, sei persone complessivamente. Un Honda SH con targa coperta inseguiva gli altri due scooter – uno targato EW51478 (guidato da Sansò) e l’altro con targa straniera KNI56E (utilizzato da …omissis…) – aprendo il fuoco in loro direzione.
La fuga prese strade diverse: lo scooter con targa straniera riuscì a far perdere le proprie tracce svoltando repentinamente in via G.B. Marino, mentre l’altro scooter, con a bordo Volpe e Sansò, proseguì verso viale Traiano, zona nota come la “99”. Dopo un inseguimento concitato, anche gli assalitori si ritirarono, rientrando verso via Canzanella Vecchia, roccaforte dei Troncone.
Le conferme investigative
Attraverso l’analisi dei video di sorveglianza, gli inquirenti riuscirono a ricostruire l’intera sequenza e identificarono con certezza Volpe come il bersaglio dell’agguato e Sansò come il conducente del veicolo.
L’agguato, inquadrato come un atto di camorra, rientrava nel contesto del sanguinoso scontro tra i clan Troncone e Sorianiello per il dominio su Fuorigrotta, uno scontro alimentato da rivalità profonde legate al controllo di traffici illeciti: droga, estorsioni, parcheggi abusivi e scommesse clandestine.
Il quadro investigativo, sorretto da intercettazioni ambientali e dall’analisi meticolosa dei sistemi di videosorveglianza, ha permesso di ricostruire il clima di terrore che in quel periodo soffocava Fuorigrotta e di evidenziare ancora una volta come il controllo del territorio passasse attraverso violenza e intimidazione.
(nella foto da sinistra Eduardo Saltalmacchia, Mariano Frizziero e Simone Sorianiello)
Articolo pubblicato il giorno 26 Aprile 2025 - 17:38