Caserta, – Una vita tra i “reietti”, una croce appesa alla tonaca e i sandali sempre sporchi di periferia. Don Salvatore Saggiomo, 58 anni, viceparroco a Giugliano e presidente onorario dell’associazione anticamorra NCO – Niente Camorra Oggi, è il nuovo Garante delle persone private della libertà personale della Provincia di Caserta.
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La nomina, firmata dal presidente f.f. Marcello De Rosa e sostenuta dal vescovo di Aversa Angelo Spinillo, arriva dopo 30 anni di trincea nelle carceri e nei quartieri difficili.
“Chi sbaglia paghi, ma con dignità”: così il sacerdote-giornalista (cofondatore con Gennaro Panzuto di testate sociali) ha esordito nel suo primo discorso ufficiale. Un mantra che riassume la sua battaglia:
Dal 1994 cappellano nel carcere di Secondigliano, dove creò laboratori di ceramica e teatro per detenuti.
Nel 2010 in prima linea contro gli sversamenti di rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi.
Oggi punto di riferimento per migliaia di giovani in bilico tra camorra e marginalità.
“Monitorerò celle e centri di accoglienza con lo stesso zelo con cui leggo il Vangelo”, promette. Il suo piano d’azione? Sei priorità: dal reinserimento lavorativo ai colloqui con i Giudici di Sorveglianza, passando per campagne di sensibilizzazione.
Perché questa nomina fa storia
L’ente (istituito nel 2006 a livello regionale e attivo a Caserta dal 2020) avrà per la prima volta un volto noto del terzo settore. Un segnale forte in una provincia dove:
4 carceri su 5 sono sovraffollati (dati Antigone).
Il 70% dei detenuti non conclude percorsi formativi (Rapporto Caritas).
Solo 1 migrante su 3 nei CPR ha accesso a consulenti legali.
“Don Saggiomo unisce competenza e carisma – spiega De Rosa –. Sa che qui la giustizia sociale è emergenza”.
Il vescovo Spinillo lo definisce “apostolo degli ultimi”, mentre i colleghi di NCO preparano una marcia simbolica per il 1° maggio davanti al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Intanto, sui social impazza l’hashtag #SaggiomoGarante, con migliaia di messaggi da ex detenuti.
La sfida più grande? “Far capire che un ergastolano resta un uomo – dice il sacerdote –. E che i diritti non finiscono dove inizia la condanna”.
L’incarico dura 3 anni. Primo appuntamento: un sopralluogo a maggio nel CPR di Castel Volturno, dove 200 migranti denunciano condizioni igieniche critiche.
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