Napoli – Non fu un gesto casuale, tantomeno una bravata di ragazzi. Il lancio di petardi e oggetti esplosivi contro l’abitazione del giornalista Domenico Rubio, nella notte tra il 2018 e il 2019, fu un atto intimidatorio pianificato.
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A ordinarlo, secondo gli investigatori, furono i vertici della camorra del rione 167 di Arzano, periferica a nord di Napoli.
Ora, a distanza di anni, il Gip Antonino Santoro del Tribunale di Napoli ha disposto il rinvio a giudizio per Giuseppe Monfregolo e Antonio Alterio, entrambi già detenuti e ritenuti esponenti di spicco del clan. L’accusa è di minacce aggravate dal fine mafioso. La prima udienza si terrà il 7 maggio presso il Tribunale di Napoli Nord, con Rubio costituito parte civile.
L’attacco al giornalista: una escalation di violenza
I fatti risalgono al 2018, quando la casa del giornalista, direttore di Arzano News, fu presa di mira in più occasioni. Il 27 e 28 luglio, e poi ancora il 29 agosto, esplosioni e lanci di petardi squassarono la quiete notturna. Durante l’ultimo episodio, un ordigno danneggiò persino le imposte del balcone.
Secondo le indagini, gli esecutori materiali furono tre minorenni, ma a muoverli sarebbe stato il clan. Le minacce erano una risposta alle inchieste di Rubio, che da anni denunciava infiltrazioni camorristiche in appalti e procedure amministrative ad Arzano.
Le rivelazioni dei pentiti e la scorta
A confermare la matrice camorristica ci sarebbero anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pasquale Cristiano, noto come “Pikstik”. Le sue parole, insieme ai pezzi giornalistici di Rubio acquisiti agli atti, hanno contribuito a ricostruire il movente: zittire una voce scomoda.
Le intimidazioni furono così gravi che il prefetto dispose per Rubio la scorta, ancora oggi necessaria. Non solo: il giornalista, responsabile per la legalità del Sindacato Unitario Giornalisti della Campania (SUGC), ha subito anche ripercussioni economiche, con la perdita di una fonte di reddito legata alle ritorsioni.
La solidarietà sindacale: “Mantenere alta l’attenzione”
La Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) e il SUGC hanno espresso forte preoccupazione. In una nota congiunta, le segretarie Alessandra Costante (FNSI) e Geppina Landolfo (SUGC) hanno sottolineato:
“Rubio continua a subire gravi ritorsioni per il suo lavoro. L’ultima ha comportato l’interruzione di un’attività che rappresentava la sua principale fonte di reddito. Per questo è necessario che l’attenzione sulla sua sicurezza resti altissima”.
Il processo di maggio potrebbe fare luce su un sistema di intimidazioni che mira a soffocare il giornalismo d’inchiesta, soprattutto quando sfida il potere della criminalità organizzata. Una prova di resistenza per Rubio e per chi, come lui, non abbassa la testa.
(nella foto un frame estratto dal video dell’attentato e da sinistra i boss Giuseppe Monfregolo e Antonio Alterio con il giornalista minacciato Domenico Rubio)
Articolo pubblicato il giorno 3 Aprile 2025 - 08:29