Per la prima volta, una parte del cast di “Un posto al sole” si è trasferita a Torino per le riprese della storica serie televisiva italiana, in onda su Rai3 dal 1999 e prossima al traguardo dei trent’anni.
Da domenica scorsa fino a venerdì, sotto la Mole Antonelliana, le gemelle Cirillo, interpretate da Gina Amarante, hanno lasciato Napoli per motivi personali, creando scompiglio nelle vite dei loro cari.
Presenti anche la sorella maggiore Serena (Miriam Candurro), il marito Filippo (Michelangelo Tommaso) e Niko Poggi (Luca Turco).
La regia delle giornate torinesi di “Un posto al sole” – prodotto da Rai Fiction, Fremantle e dal Centro di produzione Rai di Napoli – è affidata a Fabio Sabbioni, produttore creativo.
Le scene, realizzate con il supporto di Film Commission Torino e in collaborazione con il Centro di produzione Rai di Torino, saranno distribuite su cinque episodi in onda nei prossimi mesi; in particolare, il 25 aprile sono previste le riprese al Museo della Resistenza. Le location includono il Museo del Risorgimento, Palazzo Carignano, la Chiesa della Gran Madre, piazza San Carlo, piazza Castello, il belvedere dei Cappuccini e il parco del Valentino.
“Per me è la prima extralocation, è come una gita scolastica. Anche se è lavoro, ci divertiamo. Siamo amici anche fuori dal set, facciamo le vacanze insieme”, ha commentato Gina Amarante.
“C’è anche un bel sole, siamo stati fortunati. I primi due giorni li abbiamo passati nei musei, poi in esterni. È una storia romantica, importante perché rappresenta il compimento di una cosa che ci siamo trascinati per tanto tempo. Non dico di più. Torino porta luce a una storia d’amore”, ha spiegato Sabbioni.
“Noi giriamo un po’, siamo stati a Bologna, Firenze, in Trentino. Torino ci mancava. È una capitale, molto monumentale, una gran bella città. Ha una scenografia bellissima. Ci piace parlare dell’Italia”, ha aggiunto.
Sabbioni descrive “Un posto al sole” come “un prodotto popolare con un linguaggio molto diretto, che entra nelle case di tutti, tutti i giorni. Sono storie realiste in cui la gente comune si può identificare. Un terreno narrativo il più realistico possibile. Il pubblico? Sono soprattutto donne con più di 50 anni, ma i giovani sono in aumento”.
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