Dal 2021 al 2024, in Italia hanno perso la vita sul lavoro 4.442 persone. Un bilancio drammatico che fotografa una realtà in cui la sicurezza sul lavoro continua a rappresentare una grave emergenza. Il settore più colpito è quello delle Costruzioni, con 564 vittime, seguito da Trasporti e Magazzinaggio (434 decessi) e dalle Attività manifatturiere (411 morti).
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A livello territoriale, le regioni più pericolose si concentrano al Centro e al Sud: Basilicata e Umbria sono rimaste in zona rossa per quattro anni consecutivi, seguite da Campania e Valle d’Aosta (tre anni). Al contrario, la Toscana si distingue come la regione più virtuosa, con due anni in zona bianca, indice di una mortalità inferiore alla media nazionale.
L’incidenza della mortalità tra i lavoratori resta elevata e pressoché invariata nel tempo. “Il bilancio è tragico, tanto quanto un bollettino di guerra. Il lavoro in Italia sembra essere un campo di battaglia senza trincea né scudi“, denuncia Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega di Mestre.
L’analisi dei dati evidenzia come il fenomeno sia rimasto costante negli anni. Nel 2021, anno segnato dalla pandemia, si sono registrati 973 morti, con un’incidenza annua di 43,1 infortuni mortali ogni milione di occupati. Nel triennio successivo, il valore è calato leggermente, attestandosi a 34,2 nel 2022, 33,9 nel 2023 e 34,1 nel 2024, ma senza segnali di un reale cambiamento strutturale.
A pagare il prezzo più alto sono i lavoratori over 65, con un’incidenza che oscilla tra i 96,1 morti per milione di occupati (2022) e i 150,4 (2021). Anche la fascia 55-64 anni registra valori allarmanti (tra 54,5 e 82,2).
Un altro dato preoccupante riguarda i lavoratori stranieri, il cui tasso di mortalità è più che doppio rispetto agli italiani: da 63,2 a 74,2 morti per milione di occupati, contro i 29,7-40,8 degli italiani.
Nel quadriennio 418 donne hanno perso la vita sul lavoro. Tuttavia, il rischio resta nettamente più alto per gli uomini, con un’incidenza che oscilla tra 54,7 e 67,6 decessi per milione di occupati, contro i 5,2-9,6 delle donne.
L’analisi dell’Osservatorio Vega evidenzia un problema strutturale, aggravato da fattori come la scarsa prevenzione, la mancanza di controlli e la persistenza del lavoro sommerso, difficile da monitorare.
Se è vero che i numeri assoluti mostrano una leggera flessione rispetto agli anni più critici della pandemia, il tasso di mortalità rimane stabilmente elevato, segnale che le misure di prevenzione non sono ancora sufficienti a garantire la sicurezza dei lavoratori italiani.
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