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Roma – Con 149 voti a favore e 63 contrari, la Camera ha approvato in via definitiva la riforma dell’accesso ai corsi di laurea in Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. La nuova legge, già passata al Senato, cancella i test d’ingresso a crocette e delega al governo l’adozione, entro un anno, di decreti attuativi per ridefinire le modalità di accesso.
Tuttavia, il numero programmato non viene abolito: la selezione sarà semplicemente posticipata alla fine del primo semestre di studi, basandosi su una serie di esami. Solo gli studenti che supereranno questa fase potranno accedere al secondo anno.
Le novità della riforma
La riforma prevede che l’immatricolazione al primo anno sia libera, senza test di ammissione. Tuttavia, per proseguire con il secondo anno, gli studenti dovranno ottenere un punteggio utile in una graduatoria nazionale unica.
Chi non supererà la selezione potrà comunque continuare il secondo semestre, frequentando un corso di area scientifica senza perdere l’anno. Gli esami sostenuti, se compatibili con il nuovo percorso, saranno considerati validi. La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ha definito la riforma “una rivoluzione” che permetterà di formare “almeno 30.000 nuovi medici in più nei prossimi anni”.
Le critiche dell’opposizione
Non mancano le polemiche. Il Partito Democratico ha bollato la riforma come “un bluff ai danni delle università, degli studenti e delle loro famiglie”. “Non viene abolito il numero chiuso – ha dichiarato Irene Manzi del Pd – si sposta solo la selezione di sei mesi”.
Anche Azione e Avs hanno espresso dubbi, sottolineando che la riforma non risolve i problemi strutturali del sistema. Roberto Giachetti (Iv) ha parlato di “incertezza”, mentre Elisabetta Piccolotti (Avs) ha criticato il mantenimento del numero chiuso, definendolo “essenziale per una corretta programmazione del fabbisogno di medici”.
La riforma entrerà in vigore dal prossimo anno accademico, ma molti dettagli saranno definiti nei decreti attuativi. Intanto, gli atenei privati si stanno già organizzando per mantenere i tradizionali test di accesso. La ministra Bernini ha assicurato che i decreti arriveranno “in tempi rapidi”, ma le opposizioni restano scettiche: “La programmazione universitaria non si fa in sei mesi”, ha commentato il Pd.
Insomma, se da un lato la riforma rappresenta un cambiamento significativo nel sistema di accesso a Medicina, dall’altro lascia aperti molti interrogativi sul suo impatto concreto e sulla capacità di rispondere alle esigenze del Servizio sanitario nazionale.
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