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In manette carabiniere al soldo del clan della 167 di Arzano insieme con i due fratelli Monfregolo

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Napoli – Carabiniere al soldo del clan della 167 di Arzano: in manette Maresciallo dell’Arma e i boss Giuseppe e Mariano Monfregolo.

Le indagini partite dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Pasquale e Pietro Cristiano che hanno svelato anche alcuni risvolti delle elezioni comunali del 2019. Mille euro al mese e altri regali ricevuti dal clan in cambio di favori e agevolazioni.

È l’accusa mossa nei confronti di un luogotenente dei carabinieri dai pentiti all’epoca dei fatti contestati in servizio presso la tenenza di Arzano e attualmente in forze alla Dia di Napoli e tratto in arrestato nell’ambito di una indagine che ha portato all’esecuzione di una serie di ordinanze in carcere che hanno colpito il “clan della 167”, costola degli Amato-Pagano.

 Il militare era in servizio alla Dia di Napoli

Secondo la ricostruzione dei collaboratori di giustizia, il sottufficiale avrebbe ricevuto i soldi ogni mese per anni, dai reggenti di turno. Ma oltre allo “mesata”, ci sarebbero stati anche regali extra.

Il carabiniere al servizio del clan – ricostruiscono gli inquirenti – sarebbe stato inoltre remunerato anche con abiti, bottiglie di vino, fino agli interventi di manutenzione della casa o di verniciatura, al cambio di pneumatici, ai pezzi di ricambio per le auto della sua famiglia o di persone a lui vicine.

«Ma lui voleva solo soldi» si legge nei verbali dei collaboratori di giustizia che sono stati inseriti nel provvedimento. I destinatari dell’ordinanza, oltre al militare dell’Arma, sono persone al vertice dell’organizzazione.

In manette anche Aldo Bianco e Giuseppe e Mariano Monfregolo

Si tratta di Aldo Bianco e di Giuseppe e Mariano Monfregolo. Gli inquirenti ricostruiscono alcuni episodi che partono dal 2016, quando il militare avrebbe omesso e ritardato di inserire nella banca dati il provvedimento di applicazione della sorveglianza speciale a carico di Pasquale Cristiano.

Collaboratore che seppur ai domiciliari, si rese anche protagonista di una sfilata per la città a bordo di una Ferrari durante la comunione del figlio. Il militare avrebbe anche redatto una falsa relazione di buona condotta per lo stesso Cristiano, nel periodo in cui era sottoposto alla sorveglianza speciale.

Ma nell’inchiesta emerge anche che il 4 dicembre del 2017 il luogotenente avrebbe omesso di eseguire un decreto di fermo emesso dalla Procura di Napoli nei confronti di alcuni esponenti del gruppo criminale.

Pochi mesi dopo, il 5 febbraio 2018, avrebbe avvisato, attraverso Domenico Russo e Pietro e Pasquale Cristiano (padre e figlio, entrambi collaboratori di giustizia, indagati nel provvedimento ma non destinatari di misura cautelare), dell’imminente esecuzione di un’ordinanza a loro carico, consentendo così la fuga e la latitanza di due indagati.

Senza contare che avrebbe fatto sparire alcune prove dal rifugio di Russo, che era in fuga, e la rimozione del dispositivo di registrazione dei filmati del sistema di videosorveglianza. Ma anche di come gli investigatori avrebbero camuffato le operazioni di installazione delle telecamere a controllo dell’abitazione di Cristiano.

 Fondamentali le dichiarazioni del pentito Pasquale Cristiano

Nell’ordinanza si parla anche di una società di Casavatore in fallimento sulle cui ceneri sarebbero stati puntati gli occhi di un gruppo imprenditoriale arzanese nel campo della vendita alimentare.

I Cristiano hanno anche parlato delle elezioni comunali e fatto riferimenti espliciti ai candidati in lizza supportati dalle diverse fazioni criminali che, secondo i pentiti, si erano spinti sino alle fasi del ballottaggio con indicazione di voto ai perdenti tanto che Pasquale Cristiano esprimeva soddisfazione di aver speso bene i suoi uffici nella competizione elettorale.

A vario titolo, sono stati contestati i reati di rivelazione di segreto d’ufficio, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, ma anche l’associazione e la finalità mafiosa. Secondo indiscrezioni, l’ordinanza sarebbe solo uno stralcio di un’inchiesta che potrebbe allargarsi a macchia d’olio.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 18 Marzo 2025 - 15:01

Rosaria Federico

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Rosaria Federico

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