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Detenuti al 41bis, la Consulta: “Almeno 4 ore d’aria al giorno, il limite di 2 è incostituzionale”

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Anche i detenuti sottoposti al regime di “carcere duro” del 41bis hanno diritto a un minimo di quattro ore d’aria quotidiane, e non solo due, come previsto invece per il trattamento ordinario introdotto dalla Riforma dell’Ordinamento penitenziario del 2018.

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la n. 30, accogliendo un’istanza sollevata dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari. A innescare la pronuncia è stato il reclamo di G.B., un al 41bis nel sassarese, assistito dall’avvocato Valerio Vianello Accorretti, che lamentava la concessione di sole due ore d’aria al giorno.
La Consulta ha motivato la decisione sottolineando che l’ampliamento delle ore all’aperto “contribuisce a rendere la vita penitenziaria più umana, non solo in termini oggettivi, ma anche nella percezione dei detenuti”.
Una scelta che si inserisce in un dibattito più ampio, spesso alimentato dalle sollecitazioni dei giudici europei, sull’esigenza di bilanciare le restrizioni del “carcere duro” con il rispetto dei diritti fondamentali delle persone private della libertà.
L’Avvocatura dello Stato, rappresentante il governo, ha difeso senza successo il limite delle due ore, sostenendo che rappresentasse un “ragionevole compromesso” tra i diritti dei detenuti e le esigenze di sicurezza. Secondo Palazzo Chigi, ridurre le ore d’aria diminuirebbe il rischio di contatti illeciti tra i reclusi, pur ammettendo che la norma non offra garanzie assolute in tal senso.
La Corte, tuttavia, ha respinto questa tesi: al 41bis le ore d’aria si svolgono in gruppi ristretti – massimo quattro persone, selezionate con cura dall’amministrazione penitenziaria – e questo, insieme a misure di controllo adeguate, basta a garantire la sicurezza senza sacrificare ulteriormente il diritto alla luce e all’aria aperta.
Il limite delle due ore, dunque, è stato dichiarato incostituzionale, sebbene resti la possibilità per le direzioni carcerarie e i magistrati di sorveglianza di ridurlo “per giustificati motivi” o nei casi di detenuti sotto “sorveglianza particolare”.
Una sentenza che segna un passo avanti nella tutela dei diritti anche per chi sconta pene in uno dei regimi più rigidi del sistema penitenziario italiano.

Articolo pubblicato il giorno 19 Marzo 2025 - 09:56

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