Una serata intrisa di storia e teatro ha preso vita ieri, 29 marzo, presso il Teatro Stabile Santa Filomena di Castellammare di Stabia, dove si è svolto un interessante evento culturale a cura dell’Associazione Achille Basile – Le Ali della Lettura.
Al centro dell’incontro, il testo teatrale di Giuseppe De Chiara, dal titolo “III Arcano Maggiore. L’Imperatrice. La lagrimosa historia di Virginio e Camilla ai tempi della Regina,” si è rivelato un’opera che intreccia storia e leggende metropolitane riguardanti la Regina Giovanna II d’Angiò Durazzo e la sua epoca.
L’avvolgente atmosfera del palco – intimo e raccolto – unita al perfetto equilibrio di sensibilità e competenza delle relatrici, la docente federiciana Prof.ssa Giuseppina Scognamiglio e la Presidente dell’Associazione Achille Basile, Prof.ssa Carmen Matarazzo, hanno amplificato la magia del racconto, regalando al pubblico un’esperienza di straordinaria intensità evocativa.
Il libro presentato nel corso della serata si inserisce in un progetto artistico più ampio sviluppato dall’autore. Sebbene il battesimo letterario del testo sia piuttosto recente, l’opera è rappresentata in teatro da Giuseppe De Chiara da oltre dieci anni. Il pubblico ha potuto apprezzare l’autore anche nella sua veste di attore, attraverso l’esibizione di alcuni brevi ma suggestivi stralci del racconto.
Il suo intenso stile interpretativo, la sua capacità di immergersi profondamente nel personaggio e dar vita alla sua essenza, ha permesso alla platea di percepire le vibranti sfumature della narrazione. Grazie alla generosa performance il racconto è stato dunque trasformato, a tratti, in un’esperienza viva e pulsante.
L’autore ha spiegato che le sue storie affondano le radici nella tradizione. Ispirato inizialmente da un esoterista vissuto tra Ottocento e Novecento – Oswald Wirth – ideatore di una raccolta monografica dedicata ai 22 arcani maggiori dei Tarocchi, ne rimase subito affascinato. Quella filosofia, capace di esprimersi attraverso visioni e immagini, lo spinse a tradurre questi concetti in un’esperienza teatrale.
Dopo un primo momento di incertezza, decise perciò di trasformare ogni arcano in una storia, sublimare le icone delle carte in personaggi e storie: “una pièce teatrale che raccontava una storia, che esplicitava in senso esoterico, e non divinatorio, il significato di un certo arcano.”
Nel corso dello stimolante dialogo con le relatrici, De Chiara ha precisato che a motivarlo non sono esclusivamente leggende o fiabe napoletane, ma anche racconti di altri territori. La favolistica, infatti, è intimamente legata all’inconscio collettivo e, partendo dalla narrazione orale, può essere trasformata in una solida struttura drammaturgica.
L’idea degli arcani narrativi, sulla scena teatrale si arricchisce delle trame sonore composte da Stefano Busiello, le quali si intrecciano con armonia alle immagini dell’opera, rendendola ancora più suggestiva e accattivante.
“…è da 20 anni che io colgo questa ricerca sugli arcani narrativi, leggo di tutto, proprio per cercare di cogliere qualcosa che poi diventa più che un laboratorio di scrittura, oserei dire quasi un laboratorio alchemico, alchimistico di questa ricerca per trovare gli archetipi narrativi e farne entrare anche l’humor all’interno di questa scala mistica.”
La versione narrativa del progetto risulta perciò un esperimento intrigante che celebra la cultura, la lingua, i miti e le leggende di Napoli, arricchiti dal genio creativo e innovativo dell’autore. L’Imperatrice dei Tarocchi s’incarna in una figura terrena, realmente esistita: la Regina Giovanna d’Angiò-Durazzo, consegnata dalla tradizione con la fama di donna lussuriosa e “mangiatrice di uomini,” un’immagine nata da una teoria popolare poi divenuta leggenda.
Tuttavia, questo personaggio storico è rappresentato su due livelli, mettendo in evidenza anche il suo ruolo di donna salita al potere nel 1414, che forse, proprio per la sua posizione dominante, fu oggetto di tentativi di screditamento.
Il lettore, immergendosi tra le pagine del libro o assistendo allo spettacolo di De Chiara, si troverà perciò coinvolto nelle vicende di una regnante storicamente poco incline alla politica, ma al tempo stesso avvolta nei tratti surreali e pittoreschi della leggenda. Una donna addirittura legata a un coccodrillo, giunto dall’Egitto nel golfo di Napoli, custodito sotto la botola del suo castello e nutrito con gli sventurati amanti di una notte.
Ma è anche una donna che, impazzita dalla passione, si unisce a uno stallone presso il celebre castagno dei cento cavalli, un albero imponente con un incavo di oltre trenta metri di diametro, capace – secondo la leggenda – di offrire riparo a lei, al suo destriero e a un centinaio di cavalieri durante un improvviso temporale estivo.
Come evidenziato dal titolo, il testo si sviluppa anche attorno a una seconda trama, quella dell’incompiuta storia d’amore tra Camilla e Virginio, culminata in un delitto crudele. I tre fratelli di Camilla, infatti, pongono tragicamente fine alla vita di Virginio, accusandolo di aver disonorato la sorella. Anche questa vicenda è stata dipinta dall’autore con tratti originali e profondamente evocativi, che enfatizzano il dramma e l’emotività della protagonista femminile.
Qui il conflitto tra onore e sentimento coivolge tanto il lettore quanto lo spettatore in un’esperienza carica di pathos e di significato. Quest’opera, un po’ romanzo epico e un po’ saggio ironico-satirico, supera i confini della cultura narrativa tradizionale; intreccia letteratura, teatro e riflessioni sulla tradizione popolare, diventando non solo un arricchimento culturale, ma anche uno stimolo a percorrere un viaggio immersivo verso una tradizione talvolta trascurata, ma profondamente radicata nell’immaginario collettivo della nostra storia. È perciò un’opera capace di connettere il passato al nostro presente con un linguaggio che diverte, emoziona e fa pensare.
Articolo pubblicato il giorno 30 Marzo 2025 - 12:14
un bellissimo ed accuratissimo articolo
L’evento al Teatro Stabile Santa Filomena sembra essere stato molto interessante e profondo, ma non sono sicuro se l’opera di Giuseppe De Chiara riesce veramente a mescolare storia e leggende come si dice. Sarebbe interessante vedere un’analisi più dettagliata.