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Capaccio Paestum, indagine della Dia: ex sindaco Alfieri e il patto elettorale con il clan Marandino

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Salerno – C’è anche l’ex sindaco di Capaccio Paestum ed ex presidente della Provincia di Salerno, Franco Alfieri, tra i dieci indagati raggiunti questa mattina da misure cautelari eseguite dalla sezione operativa della Dia di Salerno.

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L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ipotizza reati gravissimi: dallo scambio elettorale politico-mafioso al tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, dall’estorsione alla detenzione di armi da guerra, fino al favoreggiamento.

Per Alfieri, già arrestato lo scorso ottobre nell’ambito di un’indagine sugli appalti pilotati, è stato disposto il divieto di dimora. Ma il cuore dell’operazione riguarda un presunto patto con la criminalità organizzata per garantirsi la vittoria alle elezioni comunali del 2019.

Il patto elettorale e la minaccia di un attentato

Secondo gli investigatori, Alfieri avrebbe stretto un accordo illecito con Roberto Squecco, ritenuto esponente dell’area imprenditoriale del clan Marandino, e con la moglie Stefania Nobili, all’epoca consigliera comunale a Capaccio Paestum.

In cambio di voti, l’ex sindaco avrebbe garantito la conservazione del Lido Kennedy, struttura balneare gestita da Squecco attraverso prestanomi e già al centro di provvedimenti giudiziari.

Ma quando, a causa di un evento naturale, parte del lido fu abbattuto per motivi di sicurezza, Squecco si sarebbe sentito tradito. Secondo le intercettazioni, avrebbe allora minacciato Alfieri tramite due intermediari: Antonio Bernardi, agente della polizia locale, e Michele Pecora, dipendente comunale. Le intimidazioni sarebbero state veicolate attraverso Mariarosaria Picariello, assessora dimissionaria alle politiche sociali.

Non solo: dopo la demolizione, Squecco avrebbe addirittura ordinato un attentato dinamitardo contro Alfieri, contattando tre pregiudicati di Baronissi (Antonio Cosentino, Domenico De Cesare e Angelo Genovese). Il piano, studiato con sopralluoghi e mappe, non si sarebbe realizzato solo per un mancato accordo economico.

Armi da guerra e falsa testimonianza

Nel corso delle indagini, durate due anni (2022-2024), sono emersi anche depositi di armi: tra queste, un Uzi e un Kalashnikov. A De Cesare è inoltre contestato un tentato omicidio ai danni di Angelo Genovese, legato a una tentata estorsione.

Infine, l’ex assessora Picariello è accusata di favoreggiamento per aver rilasciato false dichiarazionialle forze dell’ordine, ostacolando le indagini.

Un caso che conferma l’intreccio tra politica e la camorra nel Salernitano, con l’ex primo cittadino finito nel mirino della giustizia per presunti legami con la malavita organizzata.

 La commissione parlamentare antimafia chiede gli atti

A quanto si apprende la Commissione parlamentare Antimafia ha chiesto gli atti dell’indagine che ha portato oggi al blitz della sezione operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Salerno. Nel corso dell’operazione sono stati eseguiti arresti e tra le accuse c’è quella di voto di scambio politico-mafioso.


Articolo pubblicato il giorno 27 Marzo 2025 - 11:14

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