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Camorra, il pentito Giovanni Braccia: “La moglie del boss De Martino è terribile, comanda più del marito”

Le dichiarazioni del nei pentito del clan De Martino del rione Fiat di Ponticelli agli atti del processo. Il collaboratore ha svelato gli affari del clan degli Xx indicano nomi, ruoli e mansioni.  La richiesta di aiuto al clan D'Amico per la "tutela" dei De Martino
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Il pentito Giovanni Braccia ha raccontato gli ultimi anni delle attività camorristiche del clan De Martino, i famigerati “Xx” di Ponticelli.

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Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, 55 anni, rilasciate a partire dall’ottobre scorso, sono ora agli atti del processo contro la cosca guidata dal boss Francesco De Martino, noto come “‘o pazzo”.

L’uomo poco dopo il blitz con 60 arresti tra i clan di Ponticelli ha cominciato a rendere dichiarazioni ai pm Simona Rossi e Sergio Raimondi della dda di Napoli. Agli atti ci sono oltre 150 pagine di verbali molti omissati in cui Giovanni Braccia ha identificati oltre 50 esponenti dei clan De Martino e De Micco di Ponticelli indicando ruoli, mansioni. Ha parlato di agguati, di traffico di droga e di tutti gli affari illeciti della cosca del rione Fiat.

 Il ruolo di Lina Ricci moglie del boss Francesco De Martino o’ pazzo

E a proposito del clan De Martino ha raccontato: “… Lina Ricci, moglie di Francesco De Martino, fa parte del clan ed è una persona terribile. Comanda più del marito. All’epoca dell’agguato a Ciro “‘o mellone”, quest’ultimo era stato designato come reggente dei “De Micco” da Marco De Micco.

Quando ho detto che mi occupavo di De Martino Salvatore nel periodo in cui Francesco De Martino era stato arrestato qualche anno fa – quindi non mi riferisco all’ultimo arresto avvenuto a luglio di quest’anno – intendevo dire che, all’epoca, gli unici membri liberi della famiglia erano Salvatore e sua madre Lina. Li portai da Salvatore D’Amico, detto “‘o pirata”, per chiedere protezione.

D’Amico mi disse che, se la richiesta proveniva dai “Bodo” – allora economicamente forti – avrebbe inviato una ventina di affiliati da San Giovanni a Ponticelli per garantire la loro sicurezza, ma solo dietro il pagamento di 200.000 euro e una borsa di armi. Aggiunse inoltre che avrebbe avvisato tutti i clan di Napoli: chiunque avesse toccato i De Martino avrebbe avuto problemi con lui direttamente. Tuttavia, l’accordo non si concretizzò perché, in quel momento, i “Bodo” non avevano referenti in grado di raccogliere subito quella somma.

 La richiesta di aiuto al clan D’Amico per la “tutela” dei De Martino

Dopo una settimana, la madre Lina fu arrestata e, successivamente, ci fu “l’invasione” di altri clan, tra cui i “De Luca Bossa”, che si schierarono con Audino Francesco. Rimasto solo, mi occupai io di Salvatore De Martino e lo portai da Audino Francesco, il quale gli assicurò protezione a patto che, se avesse continuato a commettere reati, lo facesse a titolo personale e non in nome dei “Bodo” o degli “Xx”.

Appartengo al clan De Martino e sono amico d’infanzia di Francesco De Martino. Quando lui e la sua famiglia furono arrestati anni fa, mi presi cura di suo figlio Salvatore, che all’epoca era ancora un ragazzo. Vi racconterò come sono diventato affiliato ai “De Martino” proprio in seguito all’arresto di Francesco.

Va precisato che la mia famiglia era già rispettata a Ponticelli, anche prima della mia affiliazione, grazie ai legami con diverse figure di spicco della camorra. Sono imparentato con i D’Amico “Gennarella” di San Giovanni: mia madre, Maria D’Amico, è la sorella del defunto Umberto D’Amico, padre di Luigi, Gennaro e Salvatore “‘o pirata”.

Inoltre, ho legami di parentela con i D’Amico “Fraulella” del Conocal di Ponticelli: mio nonno materno, Alfonso D’Amico, era fratello del padre di Antonio D’Amico, detto “Tonino ‘e fraulella”, attualmente detenuto nel carcere di Saluzzo. Sono anche imparentato con i Ricci, storicamente legati ai D’Amico “Fraulella” dei Quartieri Spagnoli.

La mia famiglia godeva di rispetto anche perché, con i soggetti sopra menzionati, ho operato attivamente in ambito criminale. Per inciso, tra il 2008 e il 2014 sono stato detenuto per usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, per conto del clan Sarno-Veneruso. Fui arrestato insieme ad Antonio Sarno, figlio di Ciro, a Tonino Veneruso e a mio fratello Vincenzo.

Il rapporto del pentito con Ciro Mazzarrella

In quel periodo conobbi Ciro Mazzarella, quando gestivo un negozio di fiori in piazza del Carmine. Inizialmente, Mazzarella acquistò i fiori per l’allestimento della celebrazione del battesimo di suo nipote, occasione in cui festeggiò anche il suo matrimonio. Attraverso Umberto Luongo, esponente dei D’Amico “Gennarella”, che si offrì di pagare l’allestimento, entrai in contatto con Mazzarella.

Successivamente, Mazzarella iniziò a rifornirmi di cocaina, consegnandomi 1 kg al mese per un periodo prolungato. La prima fornitura avvenne qualche settimana dopo il battesimo di suo nipote, il figlio di Mazzarella Anna. Queste forniture continuarono fino a quando Umberto D’Amico, figlio di mio cugino, decise di collaborare con la giustizia.

A un certo punto, i rapporti con Ciro Mazzarella si incrinarono a causa di un attentato con esplosivo nel cosiddetto “vicariello”, dove risiedevano i D’Amico “Gennarella”. Ricordo che era estate e che Umberto D’Amico si era appena pentito.

Tornando al mio coinvolgimento con i “De Martino”, sono stato affiliato al clan a partire dal 2017 fino al mio arresto, avvenuto pochi giorni fa. Ricevevo ordini da Francesco De Martino, che comunicava con me dal carcere tramite telefono”.

(nella foto da sinistra in alto: Francesco De Martino, la moglie Carmela Ricci e i figli Antonio De martino e Salvatore De Martino)

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 15 Marzo 2025 - 09:37

1 commento

  1. Questo articolo è molto interessante e fornisce dettagli sui clan di Ponticelli. Tuttavia, mi chiedo come sia possibile che ci siano ancora così tanti legami tra le famiglie e i clan. La giustizia sembra non funzionare come dovrebbe.

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