La ‘base’ era a Forcella, quartiere di origine dei due capi della banda di truffatori di anziani che operava in tutta Italia e che stamane è stata smantellata grazie a un’indagine partita da Genova.
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Alberto Macor ‘o mast e Mariarca Mastroianni la boss decidevano tutto. La coppia curava ogni dettaglio delle truffe, dalla logistica all’individuazione dei B&B per i “trasfertisti”, che partivano da Napoli per raggiungere le zone da colpire. I contatti tra i “telefonisti” e i “trasfertisti” avvenivano attraverso cellulari di vecchia generazione o smartphone con utenze intestate a terzi.
La famiglia Macor è stat al centro delle cronache di Napoli in diverse circostanze ultima quella dell’occupazione abusiva dei locali della Chiesa di san Biagio ai Taffettanari culminata con lo sgombero e le minacce al deputato Borrelli che aveva sollevato il caso.
La banda operava in tutta Italia prendendo di mira anziani. telefonate con finti avvocati e finti marescialli dei carabinieri, che avevano come obiettivo farsi consegnare gioielli e denaro. Sono 29 gli indagati destinatari di misure di custodia cautelare emesse dal gip di Genova e notificate a Napoli e provincia, ma anche a Torino e Caserta, dai veri carabinieri, quelli del Comando Provinciale di Genova.
Gli indagati sono tutti originari del napoletano e devono rispondere di associazione per delinquere finalizzata alle truffe in danno di anziani con un profitto illecito complessivo di oltre 700.000 euro.
In ventuno sono finiti in carcere
Per 21 il gip ha disposto il carcere, per 5 i domiciliari e per 3 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’indagine si chiama 2 ottobre, in onore della Festa dei Nonni, data l’eta’ avanzata delle vittime, e nelle notifiche dei provvedimenti sono stati coinvolti oltre 150 carabinieri dei Comandi Provinciali di Genova, Napoli, Torino e Caserta.
Il modus operandi
Le vittime venivano contattate telefonicamente da sedicenti Marescialli dei carabinieri o avvocati che, con la scusa di un incidente stradale causato da un parente, chiedevano ingenti somme di denaro per evitare l’arresto del congiunto. La pressione psicologica era tale da spingere gli anziani a consegnare denaro e gioielli ai truffatori.
Il falso maresciallo/avvocato comunicava al truffato che entro un breve lasso di tempo una persona (finto carabiniere o assistente dell’avvocato) l’avrebbe raggiunta nella propria abitazione per ritirare il denaro/preziosi.
Il telefonista, fino a quando il “corriere” non aveva ritirato il denaro, continuava ininterrottamente a intrattenere al telefono la vittima, rimarcando la gravita’ dei fatti e il poco tempo disponibile per risolvere la situazione.
In questo modo si riusciva ad avere un controllo totale del truffato dal punto di vista psicologico e delle azioni da lui compiute, evitando cosi’ che la vittima potesse avere contatti telefonici con amici e/o parenti che, se informati della situazione, avrebbero potuto fare sfumare il ritiro della refurtiva e informare i veri carabinieri.
I “trasfertisti” si spostavano da Napoli con auto a noleggio e treni
I Carabinieri hanno verificato che, per gli spostamenti, oltre a treni e taxi, i trasfertisti hanno spesso utilizzato autovetture prese a noleggio da agenzie compiacenti dislocate nel napoletano.
Il collegamento tra i “telefonisti” che chiamano da Napoli ed i “trasfertisti” avviene attraverso telefoni cellulari dedicati di vecchia generazione, con utenze intestate a cittadini extracomunitari irreperibili, oppure utilizzando smartphone in abbinamento ad utenze intestate a “teste di legno”, comunicando solo mediante social network e chat varie.
La truffa iniziava con “chiamate filtro”, ovvero telefonate di brevissima durata ad utenze fisse della località, che i promotori decidevano di prendere di mira per quella giornata. Tali telefonate, effettuate solitamente da due membri dell’organizzazione, tali Vittorio De Filippo e Gabriele Fabiano, avevano l’unico scopo di individuare preventivamente le utenze in uso ad anziani o quelle ancora attive tra le innumerevoli utenze a disposizione.
Queste telefonate sono di brevissima durata, il tempo necessario al truffatore per capire se la voce appartenga ad una persona anziana. Fatta questa scrematura tra le innumerevoli utenze prese come bersaglio, viene valutato se sia opportuno proseguire nell’esecuzione della truffa, dando il numero ad uno dei due promotori che gestiscono la fase successiva fingendosi Maresciallo dei Carabinieri ed Avvocato.
Un ulteriore complice fa da connettore tra i “telefonisti” ed il “trasfertista” che già si trova nelle città/paesi scelti quali obiettivi.
Ecco come avvenivano le telefonate alle vittime
La voce era quella di una donna giovane e gentile: “Salve, e’ l’ufficio postale”. Ma subito dopo partiva la pressione psicologica sull’anziana vittima. “Sua nipote ha avuto un piccolo incidente stradale”, una frase che scatenava angoscia. E senza interrompere mai la suspence, al ‘bersaglio’ dei truffatori veniva passato subito il ‘carabiniere’, che telegrafico annunciava che il nipote o il figlio aveva investito una donna, che era grave, e l’unico modo per non essre arrestato era “risarcire, risarcire, risarcire”, parola ripetuta piu’ volte spesso.
“La metto io in linea” con l’avvocato, con il maresciallo, continuava a ripetere la voce femminile, con l’intento di far si’ che l’anziano non chiudesse mai la comunicazione magari per telefonare a parenti. E capita anche che la donna che telefona si accerti che chi risponde sia sola in cas, domandandolo esplicitamente.
Oppure che sbagli, e dice che in pericolo c’e’ la figlio, ma quando l’altra donna anziana spiega “non ho un figlio”, riprenda comunque il controllo della situazione spiegando che comunque ha avuto “un piccolo incidente stradale”; non tentenna nemmeno quando un’altra vittima la soprenda rispondendo “ma come l’ufficio postale?”, incredula. “No, ho detto… uffico stradale…sta piangendo come un bambino, lui e’ spaventatissimo”, dice la truffatrice, spostando l’attenzione dell’anziana e facendo leva sui suoi sentimenti piu’ profondi.
Articolo pubblicato il giorno 1 Febbraio 2025 - 10:42