Nelle ultime settimane, due detenuti in carceri italiane hanno ottenuto il permesso di effettuare colloqui intimi con le loro compagne senza la supervisione della polizia penitenziaria, con l’espresso obiettivo di avere rapporti sessuali.
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Si tratta dei primi casi da quando, l’anno scorso, una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto all’affettività in carcere. Il primo caso è avvenuto nel carcere di Terni, mentre il secondo, riportato per primo dal Resto del Carlino, riguarda il carcere di Parma.
In entrambi i casi, il permesso è stato concesso a seguito di reclami presentati dai detenuti, che avevano originariamente richiesto di incontrare la propria compagna (a Terni) e moglie (a Parma) senza supervisione, ricevendo inizialmente un rifiuto dalle autorità carcerarie.
Sostenuti dai loro avvocati, entrambi i detenuti hanno avviato azioni legali che si sono protratte per mesi, terminando con l’ordinanza dei magistrati di sorveglianza che hanno ordinato alle carceri di predisporre idonei spazi per i colloqui intimi entro un termine di due mesi.
Questo sviluppo è di grande rilevanza, non solo perché segna i primi casi dopo la sentenza della Corte, ma anche per il fatto che nelle ordinanze, consultabili online, i magistrati hanno specificamente richiesto l’individuazione di spazi appropriati all’interno delle carceri. Fin dall’inizio, la questione degli spazi adibiti ai colloqui intimi è stata una delle più dibattute e problematiche rispetto alla sentenza della Corte, che era rimasta imprecisa riguardo le modalità di attuazione. La Corte aveva suggerito che le carceri dovessero comportarsi in modo autonomo, senza però delineare in modo chiaro le responsabilità per la creazione di tali spazi.
I detenuti coinvolti, entrambi classificati sotto il regime di alta sicurezza, hanno avuto esperienze diverse. A Terni, il detenuto ha ricevuto un rifiuto per la sua richiesta di incontri intimi, successivamente ribaltato quando il magistrato di sorveglianza ha accettato il reclamo. A Parma, il detenuto ha presentato la sua richiesta due mesi dopo la sentenza della Corte, ed è stata confermata con un’ordinanza emessa il 7 febbraio.
L’avvocato Pina Di Credico ha evidenziato che, sebbene il suo assistito abbia ottenuto una decisione favorevole, anche altri detenuti hanno presentato richieste simili, senza tuttavia aver ricevuto risposta. Entrambi i legali dei detenuti hanno sottolineato la buona condotta e la legittimità delle loro richieste, mentre la motivazione alla base delle domande differiva: il detenuto di Terni ha citato il desiderio di genitorialità, mentre quello di Parma ha enfatizzato la necessità di mantenere un legame intimo con la moglie.
Le recenti decisioni magistrali, soprattutto riguardo l’individuazione degli spazi, potrebbero segnare un passo significativo in avanti per l’affettività in carcere, incluso il carcere di Padova, dove le richieste di spazi per l’affettività sono ancora in attesa di risposta da parte delle autorità competenti.
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