Un’intesa tra l’ASL Napoli 1 Centro, la Procura della Repubblica e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia (Provveditorato Regionale della Campania) ha dato vita a un protocollo operativo per individuare precocemente i casi di violenza tra detenuti.
L’obiettivo è squarciare il velo di omertà che spesso nasconde tali episodi, mascherati da incidenti casuali. I primi risultati sono stati presentati nel corso di un convegno tenutosi presso l’ex Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi.
L’accordo, siglato a gennaio, prevede procedure specifiche per il personale sanitario e la polizia penitenziaria, al fine di individuare tempestivamente eventuali fatti violenti. Dietro un livido, una contusione o una ferita apparentemente banale, possono celarsi cause diverse che richiedono un’indagine rapida ed efficace. L’obiettivo è fornire all’autorità giudiziaria un quadro chiaro e fedele di quanto accaduto, consentendo al pubblico ministero di assumere la direzione delle indagini nei casi più gravi.
I traumi fisici e psichici riportati dai detenuti sono spesso sintomatici di fenomeni criminali più ampi, come estorsioni, risse, torture o violenze sessuali. Il protocollo prevede due canali d’azione: uno per i medici, che dovranno valutare la compatibilità delle lesioni con la dinamica riferita dal detenuto, e uno per la polizia penitenziaria, che dovrà attivarsi immediatamente per ricostruire l’accaduto.
Il protocollo prevede procedure dettagliate per consentire al personale medico e agli agenti di affrontare in modo proattivo e risolutivo ogni caso dubbio, contrastando le situazioni di disagio che possono sfociare in atti estremi.
Il tema è stato approfondito durante il convegno, con interventi dei firmatari del protocollo e di altre figure istituzionali, tra cui la Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, il Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e i direttori degli istituti penitenziari di Secondigliano e Poggioreale.
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