Ma perche’ in Italia come in altri Paesi si deve arrivare ad una separazione delle carriere?
Un po’ di cronistoria non fa male.
Come e’ noto con la riforma dell’articolo 111 della Cost. che stabilisce la formazione della prova in dibattimento, il Legislatore ha scelto il modello accusatorio del processo penale abbandonando la tradizione inquisitoria per rendere effettiva la terzietà del giudice.
Per fare ciò è necessario separare la magistratura giudicante da quella requirente.
Il concetto di “separazione” non va inteso in senso burocratico, ma mira attraverso la dialettica ad avvicinarsi alla “verità”, base ideale dell’art. 111 della Costituzione. Quindi le parti del processo devono avere concretamente le stesse possibilità di far valere le proprie ragioni.
La separazione delle carriere diventa quindi determinante per dare piena attuazione al giusto processo e per rendere coerente il testo costituzionale: rappresenta una tappa fondamentale verso un sistema che garantisca i cittadini, ma anche gli stessi magistrati: si avranno organi dell’accusa da una parte che provengono da un binario e giudicanti più liberi su un altro binario.
I nostri giudici e pubblici ministeri non solo sono reclutati con lo stesso concorso e possono spostarsi da una funzione all’altra, ma svolgono tra l’altro anche le loro funzioni negli stessi palazzi e talvolta ci troviamo purtroppo a magistrati che per un certo periodo hanno svolto le funzioni di pubblico ministero e successivamente, addirittura nello stesso Tribunale, hanno svolto le funzione di giudice per le indagini preliminari. Tutto ciò ha creato diffuse solidarietà di corpo, innumerevoli, quotidiane occasioni in cui pubblici ministeri e giudici si comunicano probabilmente le reciproche difficoltà di lavoro.
È questa, peraltro, una valutazione sostenuta dallo stesso Parlamento europeo che ha piu’ volte affermati, tra l’altro, che «è anche necessario garantire l’imparzialità dei giudici distinguendo tra la carriera dei magistrati che svolgono attività di indagine e quella di giudice al fine di assicurare un processo giusto.
In un quadro del genere riteniamo che la Costituzione vada dunque riformata nelle parti che riflettono l’antica visione inquisitoria e che impediscono la piena attuazione dei principi del giusto processo. In definitiva riteniamo che occorra, in breve tempo,un’opera di armonizzazione della riforma introdotta con la legge 23 nov. 1999, n. 2, che prevede un Giudice imparziale e terzo.
Due soggetti e due ruoli distinti in un contesto nel quale non sia prevista ll’interscambiabilità delle funzioni (requirente e giudicante). Stiamo sulla buona strada affinche’ in Italia cio’ avvenga presto proprio per dare atto concreto alla riforma del giusto processo.
Avv. Raffaele G. Crisileo
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