Nonostante l’ergastolo, il boss di Miano, Oscar Pecorelli, detto “o’ malomm”, prima killer e poi elemento di vertice di quello che era stato il potente clan Lo Russo continuava a dirigere i reduci della cosca anche dal carcere.
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Oggi grazie a una meticolosa indagine dalla Guardia di Finanza, coordinata dalla Dda di Napoli (pm Maria Sepe) gli è stata notificata in carcere una nuova ordinanza cautelare e con lui anche alla moglie e al figlio 19enne mentre sono stati eseguiti sequestri beni per oltre 8 milioni di euro.
A lui, alla moglie, Mariangela Carrozza, 43 anni, e al figlio della coppia, Rosario Pecorelli, da qualche giorno 19enne, sono stati notificati, rispettivamente, due arresti in carcere e uno ai domiciliari per i reati, contestati a vario titolo dalla Procura di NAPOLI (pm Maria Sepe, procuratore aggiunto Sergio Amato).
I tre sono accusati di associazione armata di stampo mafioso, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, usura aggravata dal metodo mafioso, frode fiscale e accesso illecito a dispositivi di comunicazione per detenuti.
Le indagini, coordinate dalla DDA, hanno fatto luce sulle attività illecite del boss Oscar Pecorelli del clan “Lo Russo”, operante nei quartieri Miano, Piscinola, Marianella, Chiaiano e Don Guanella, con estensioni nel centro di Napoli e nell’ambito della “Alleanza di Secondigliano”.
Sebbene detenuto dal 2010 con una condanna all’ergastolo per omicidio premeditato, il boss avrebbe continuato a esercitare un ruolo di vertice nella fazione denominata “’ncopp Miano”.
Attraverso l’utilizzo di telefoni clandestini, comunicazioni via WhatsApp ed email e avvalendosi della collaborazione della moglie e del figlio, avrebbe diretto operazioni di riciclaggio e usura, impartendo ordini ai suoi familiari e affiliati per gestire i proventi delle attività criminali.
In particolare, la famiglia del boss avrebbe concesso prestiti a tassi usurari in modo sistematico, ricorrendo a minacce per garantirsi la restituzione. Le somme illecitamente accumulate sarebbero state reinvestite nell’acquisto di orologi di lusso, reperiti anche all’estero, in particolare a Dubai, e pagati in criptovaluta.
Inoltre, immobili e imprese, tra cui attività di commercio di calzature, lavanderie e trasporti, sarebbero stati intestati a prestanome per eludere misure patrimoniali e frodare il fisco tramite false fatture, per un importo stimato di circa 10 milioni di euro.
Già a giugno 2024, l’inchiesta aveva portato al sequestro di beni per un valore complessivo di oltre 8 milioni di euro: 8 immobili, 12 lotti di terreno, 5 complessi aziendali, 2 autovetture, un ciclomotore, 20 orologi di lusso, 90 rapporti finanziari e circa 400 mila euro in contanti.
L’operazione conferma l’impegno delle autorità nella lotta alla criminalità organizzata e nel contrasto ai flussi economici illegali che alimentano le attività mafiose.
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