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Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri si schiera duramente contro le recenti dichiarazioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio e contro il disegno di legge sulla separazione delle carriere.
In un’intervista a Repubblica, Gratteri ha definito “giusta” la richiesta del Consiglio Superiore della Magistratura di aprire una pratica a tutela delle istituzioni giudiziarie in risposta alle affermazioni del ministro: “Le dichiarazioni del ministro sono generiche, prive di senso istituzionale e sparate nel mucchio”.
Gratteri non ha ancora deciso se partecipare alla protesta contro Nordio durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ma non nasconde il suo disappunto verso le accuse di un presunto abuso di potere da parte dei pubblici ministeri, descritti come “superpoliziotti”. “Il ministro citi casi specifici – afferma – e precisi se abbia disposto azioni disciplinari, ispezioni o inchieste. Ma dubito che abbia elementi concreti”.
Sulla separazione delle carriere: “Un attacco all’autonomia del pm”
Secondo Gratteri, la separazione delle carriere rappresenta un attacco diretto all’indipendenza della magistratura. “Vogliono indebolire i pm e avvicinarli al controllo politico. Spesso si invoca la separazione dopo assoluzioni eccellenti, ma è un paradosso. Se un giudice assolve, dimostra la sua autonomia. L’appartenenza allo stesso ordine non influenza le decisioni: i giudici rispondono solo alla legge e alla propria coscienza”.
Il magistrato teme che il ddl di revisione costituzionale porti a gravi conseguenze per il sistema giudiziario: “La separazione delle carriere trasformerà i pm in superpoliziotti, facendogli perdere la cultura della giurisdizione e della terzietà. Per chi cita Falcone e Borsellino, ricordo che entrambi hanno ricoperto ruoli sia di giudici che di pm. È questo il modello da preservare”.
Critiche al sistema e al limite sulle intercettazioni
Gratteri sostiene la proposta di sorteggio per i membri del Csm per evitare nomine dettate da accordi politici, ma critica aspramente le recenti riforme della giustizia, definite “calate dall’alto da persone che non conoscono la realtà delle aule di tribunale”.
Tra le misure più dannose, il magistrato indica lo stop alle intercettazioni dopo 45 giorni: “Questa regola paralizza le indagini. Le intercettazioni sono autorizzate da un giudice sulla base di criteri precisi e stringenti. Limitare i tempi significa dare vantaggi ai criminali: ad esempio, in un sequestro di persona, i rapitori non chiameranno prima dei 45 giorni, sapendo che le intercettazioni non potranno essere prorogate. Questo non ha senso”.
Gratteri conclude lanciando un monito: “Il sistema è stato costruito senza considerare il reale impatto sul lavoro dei magistrati. Le conseguenze saranno un disastro per la giustizia e per la sicurezza del Paese”.
Articolo pubblicato il giorno 24 Gennaio 2025 - 07:17