Avrebbero contribuito all’intestazione fittizia a prestanome di immobili e imprese riconducibili al boss Oscar Pecorelli, ‘o malomm ex killer del clan camorristico Lo Russo, condannato all’ergastolo per omicidio e recluso dal 2010.
Per queste ragioni tre soggetti sono stati arrestati per riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e frode fiscale. L’operazione è stata eseguita da militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Napoli e da personale del nucleo investigativo centrale di Roma della polizia penitenziaria, all’esito delle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia della procura di Napoli.
Notificata agli indagati un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal dal gip del tribunale partenopeo che dispone due custodie cautelari in carcere e una agli arresti domiciliari. Il provvedimento fa seguito alla misura cautelare posta in esecuzione lo scorso 24 gennaio nei confronti del boss, del cugino omonimo, della moglie e del figlio,
Pecorelli sebbene condannato all’ergastolo, “ha continuato a ricoprire un ruolo di vertice all’interno del sodalizio, utilizzando in carcere strumenti di comunicazione clandestini ed avvalendosi della moglie e del figlio, anch’essi destinatari di misura cautelare”, ricostruisce la procura.
Per altri tre soggetti, tra cui il cugino del principale indagato, il gip si era riservato di pronunciarsi all’esito dell’interrogatorio di garanzia preventivo. Questi ultimi sono stati, ora, anch’essi raggiunti da provvedimento restrittivo per l’intestazione fittizia di beni riconducibili all’esponente del clan, eseguita per “eludere l’applicazione delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali” e “agevolare operazioni di riciclaggio”.
Uno degli immobili oggetto dell’indagine, benchè interessato da procedura di pignoramento, sarebbe stato utilizzato per concedere locazioni brevi ad uso turistico. Un altro immobile è stato oggetto di due distinti trasferimenti in favore di una donna nullatenente e di una società riconducibile agli indagati.
Una società di lavorazione e commercio di pellame, intestata a un prestanome, ha beneficiato di iniezioni di liquidità di provenienza illecita e di fatture per operazioni inesistenti emesse da società “cartiere” per un ammontare di oltre 7,5 milioni di euro.
Un’altra impresa calzaturiera è stata intestata a un soggetto privo di capacità contributiva per evitarne il sequestro e utilizzata in frode al fisco tramite false fatturazioni in acquisto per oltre 2 milioni di euro. Infine, due società di trasporto su gomma, intestate alle mogli degli indagati, hanno ricevuto conferimenti di denaro di illecita provenienza.
Altre operazioni di riciclaggio sono state agevolate dall’acquisto di orologi di lusso a Dubai, con pagamenti in criptovaluta. Su queste basi, nel mese di giugno 2024, erano già stati sottoposti a sequestro otto immobili, 12 lotti di terreno, cinque complessi aziendali, due autovetture, una moto, 20 orologi di lusso, 90 rapporti finanziari e circa 400mila euro in contanti, per un valore complessivo di oltre 8 milioni di euro.
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E' veramente incredibile come certe persone riescono a continuare a operare anche dopo essere stati condannati. La giustizia deve fare di più per fermare questi comportamenti e impedire che i beni vengano usati in modo illecito.