Dal monitoraggio alla conservazione: con un’app la tutela diventa interattiva. È la soluzione innovativa di monitoraggio continuo ideata dal sito archeologico di Pompei per affrontare la sfida più grande: “quella della conservazione della città antica e che fa della tutela una missione collettiva”.
Per estensione e fragilità, manutenere la città antica di Pompei richiede un impegno enorme: in questo, il sito archeologico è paragonabile a altri siti complessi, con un patrimonio diffuso su un’area vasta, come Petra (Giordania) o Angkor (Cambogia). A differenza di monumenti più circoscritti, come una reggia o un castello, il cui monitoraggio è relativamente semplice, un problema cruciale dei siti complessi è la conoscenza dello stato di conservazione.
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La città di Pompei, scavata a partire dal 1748, consiste oggi in oltre mille abitazioni, seppellite nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio e composte da 13mila ambienti, di cui solo il 5% ha una copertura che li protegge dagli agenti atmosferici. Una vastità che non è gestibile con strumenti tradizionali. Per questo, il Parco archeologico di Pompei, quale istituto periferico del Ministero della Cultura, ha sviluppato un’app nell’ambito dell’ecosistema digitale “Open Pompeii”, dove confluiscono tutti i dati relativi allo stato di conservazione del sito – dati che sono essenziali per programmare interventi di manutenzione e restauro.
La web app, accessibile da pc, tablet e smartphone, è stata sviluppata insieme alla società Visivalab e al Dipartimento di ingegneria civile dell’Università di Salerno, facendo tesoro di altre esperienze che a prima vista possono sembrare peregrine ma che sono state di grande insegnamento, come per esempio il monitoraggio di autostrade, ponti e altre infrastrutture.
Attualmente un gruppo multidisciplinare composto da archeologi, architetti, restauratori e ingegneri è impegnato nella mappatura a tappeto di tutti gli elementi costruttivi e del loro stato di conservazione: pavimenti, muri, solai, coperture, intonaci, apparati decorativi, arredi e così via. L’app consente di ricavare anche una prima stima dei costi per intervenire là dove viene rilevata un’urgenza.
Ma non solo: la stessa app, predisposta per un monitoraggio in continuo aggiornamento, permette anche a tutti i lavoratori e lavoratrici del Parco – dal personale di vigilanza fino al direttore – di interagire e segnalare criticità.
“Il digitale ci aiuta a rendere la tutela un’attività partecipata e interattiva, così connettiamo le tante ‘isole del sapere’, ovvero le informazioni che qualcuno aveva, per esempio perché ha visto un potenziale problema come può essere una cresta muraria coperta da vegetazione infestante, ma che non arrivavano a chi poi dovrebbe intervenire,” spiegano i tecnici del Parco archeologico.
“Per affrontare i tanti rischi per il patrimonio, la manutenzione programmata è essenziale: significa che si interviene in situazioni di degrado prima che si creino danni irreparabili”, sottolinea il professore Luigi Petti dell’Università di Salerno, co-sviluppatore dell’innovativo approccio metodologico. “Ma per farlo è necessario avere un quadro completo e aggiornato del sito. Senza monitoraggio sistematico e periodico, non ci può essere una manutenzione efficace, e la manutenzione è la chiave di successo se consideriamo che ogni Euro speso per la manutenzione produce un risparmio di decine di Euro nei prossimi decenni.”
Per poter reagire in maniera flessibile alle segnalazioni confluite nell’app “Open Pompeii”, il Parco archeologico affida una parte degli interventi da eseguire tramite un ‘accordo quadro’ a operatori esterni. Questo implica che si stabilisce l’entità degli interventi da eseguire nei prossimi anni, senza determinare in anticipo dove esattamente si interverrà, dal momento che questo sarà deciso in base al monitoraggio continuo del patrimonio. Il progetto di monitoraggio e manutenzione in accordo quadro è stato finanziato con fondi di Coesione dal Governo italiano per un importo complessivo di 12 milioni di euro.
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L'idea de usare un'app per monitorare Pompei è interessante ma ci sono tanti aspetti da considerare. La tecnologia puó aiutare ma bisogna anche formare le persone che lavorano nel parco per usarla bene e fare interventi corretti.