Il presepe napoletano, secondo Roberto Saviano, rappresenta un “sogno” che si distacca dalla mera realtà. Sulle pagine del ‘Corriere della Sera’, Saviano esplora le origini di questa tradizione, chiedendosi: ”Vi siete mai chiesti perché Gesù bambino nasce a Napoli?” Le figure tradizionali come pizzaioli e zampognari affiancano il contesto sacro, riflettendo l’immaginario popolare di Napoli piuttosto che la realtà di Betlemme.
Al centro di questa narrazione c’è il pastore Benino, un personaggio che, “completamente ubriaco”, perde il senso del tempo la notte di Natale e si immerge in un sogno che libera la sua creatività. Benino non riesce a ricreare le ambientazioni giudeo-cristiane, quindi trasforma la scena in quella a lui familiare di Napoli. Il suo sogno, quindi, diventa il motore della creazione del presepe.
Saviano sottolinea che, a differenza dei presepi tradizionali dove la natività è in primo piano, nel presepe napoletano “la natività non debba essere al centro della scena”. Essa è nascosta, invitando chi osserva a “trovare il miracolo” nel caos e nel rumore del quotidiano. Il presepe di Napoli, quindi, diventa un luogo in cui si celebra la sacralità della vita quotidiana, lontano da una rappresentazione gerarchica del sacro
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