Mentre sembra affievolirsi la tensione sulla vertenza Transnova-Stellantis a Pomigliano d’Arco, a pochi chilometri di distanza, nella zona industriale di Marcianise, la battaglia per il futuro dei 418 lavoratori della multinazionale statunitense Jabil si fa sempre più accesa. Con la deadline di marzo 2025 – data fissata dall’azienda per la chiusura dello stabilimento – sempre più vicina, i lavoratori sono pronti a scendere in piazza per chiedere una soluzione concreta alla crisi occupazionale.
Domani, i dipendenti Jabil organizzeranno un presidio davanti alla Prefettura di Caserta per sollecitare l’attenzione delle istituzioni. “Non accettiamo l’incomprensibile scelta della multinazionale americana di abbandonare il territorio dopo anni di sacrifici”, dichiarano i rappresentanti sindacali aziendali (Rsu) in una nota. “Non permetteremo che il futuro di 418 famiglie venga distrutto dalle ambizioni personali di una classe dirigente che si arricchisce sulle spalle dei lavoratori”.
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Il sindacato chiederà al prefetto di Caserta di intercedere presso il governo per convocare un nuovo tavolo ministeriale. Mauro Musella, dipendente Jabil e delegato sindacale, sottolinea: “Vogliamo un confronto senza pressioni verso progetti che riteniamo inaccettabili”.
Il precedente tavolo presso il Ministero del Lavoro si è concluso senza risultati, con i lavoratori che hanno bocciato la proposta di cedere lo stabilimento alla Tme Assembly Engineering Srl, una nuova società creata da un ex dipendente di Jabil e sostenuta da Invitalia, l’agenzia governativa del MEF. La memoria delle esperienze fallimentari di colleghi trasferiti in altre aziende come Softlab e Orefice, che non hanno garantito continuità produttiva, pesa sulle scelte.
I lavoratori ricordano con amarezza i 200 colleghi che, passati a Softlab con incentivi economici, oggi vivono nell’incertezza, spesso in cassa integrazione e senza prospettive concrete. Una sorte simile è toccata ai 23 trasferiti nella sarda Orefice, che sono stati licenziati.
I dipendenti Jabil chiedono che il governo riapra il dialogo, ma escludendo soluzioni già respinte. Per loro, è fondamentale salvaguardare il futuro delle 418 famiglie legate allo stabilimento di Marcianise, evitando il ripetersi di situazioni che hanno già prodotto disoccupazione e insicurezza economica.
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