Mano pesante del gup Tommaso Perrella, al termine di un processo in abbreviato celebrato a Napoli: inflitti ben 361 anni e 80 giorni di reclusione a una trentina di imputati, tra capi e gregari del clan camorristico degli Abbinante.
Le pene più alte, venti anni di reclusione, ridotte di un terzo per il rito, sono state inflitte al boss Arcangelo Abbinante, a Salvatore Mari, detto “o’ tenente”, prima della cattura inserito nella lista dei ricercati più pericolosi del Viminale, Alessio Cuomo e Patrizio Sergio.
Libertà vigilata per un periodo non inferiore a tre anni per Francesco Abbinante, Mari, Arpino, Di Napoli, Iorio, Gelsomino, Guido Esposito. Assoluzioni da alcuni dei capi d’accusa contestati per Arcangelo Abbinante, Paolo Ciprio, Alessandro Errico, Guido Esposito, Salvatore Volpicelli, Vincenzo Pagano (difeso dall’avvocato Nicola Pomponio) “per non avere commesso il fatto” (in quest’ultimo caso si tratta di un’estorsione).
Assoluzione per alcuni dei reati contestati ma con la formula “perché il fatto non sussiste” per Antonio Esposito e Salvatore Iorio. Del collegio difensivo, oltre a Pomponio, hanno fatto parte, tra gli altri, gli avvocati Dello Iacono, Regine, Mottola e Procentese. Le motivazioni saranno rese note entro 30 giorni.
(nella foto da sinistra in alto Arcangelo Abbinante, Salvatore Mari, Francesco Abbinante, Salvatore Iorio e Claudio Di Napoli; in basso da sinistra Antonio Esposito, Rosa Marotta, Guido Esposito, Paolo Ciprio e Salvatore Morriale)
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La sentenza e' molto severa e fa riflettere su come la giustizia possa essere applicata in casi cosi complessi. Anche se ci sono stati delle assoluzioni, le pene inflitte sono comunque una chiara segnali di lotta contro la camorra.