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Truffa su fondi ai migranti, 17 indagati a Caserta anche una suora

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Un’inchiesta sconvolgente ha portato alla luce una maxi truffa ai danni dei migranti e dello Stato. A Caserta, 17 persone, tra cui una suora e un ex dipendente comunale, sono indagati con l’accusa di aver orchestrato un raggiro da milioni di euro sui fondi destinati all’integrazione dei richiedenti asilo.

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Tra gli indagatii l’ex dipendente comunale in pensione Matteo Palmisani, suor Rita Giarretta, legale rappresentante della congregazione delle Suore Orsoline, e diversi esponenti del centro sociale Ex Canapificio di Caserta, una delle più importanti associazioni del territorio che si occupano di accoglienza, assistenza e integrazione dei migranti, attraverso anche sportelli dedicati e progetti di inclusione.

Le indagini, condotte dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, hanno svelato un sistema corrotto che ha permesso a due importanti associazioni del territorio, l’Ex Canapificio e Casa Rut, di accaparrarsi indebitamente oltre 6 milioni di euro.

Le organizzazioni avrebbero presentato documentazione falsa per ottenere i finanziamenti destinati a progetti di formazione, accoglienza e inclusione sociale, promettendo servizi che, secondo le accuse, non sarebbero mai stati effettivamente erogati.

Al centro dell’inchiesta, un ex dipendente comunale che, approfittando della sua posizione, avrebbe agevolato l’ottenimento dei fondi da parte delle associazioni coinvolte. La suora, legale rappresentante di una delle due organizzazioni, sarebbe stata complice nel raggiro, contribuendo a falsificare la documentazione necessaria per ottenere i finanziamenti.

L’indagine ha preso il via dalla denuncia di un ex operatore ghanese del Centro sociale Ex Canapificio, che aveva segnalato alcune irregolarità all’interno dell’associazione. Le successive indagini hanno portato alla luce un quadro inquietante, che getta ombre sulla gestione dei fondi pubblici destinati ad un’iniziativa così importante come l’integrazione dei migranti.

I fatti riguardano gli anni 2017-2018, quando l’ex Canapificio e la comunità Casa Rut di Suor Rita Giarretta gestivano il Sistema di protezione e assistenza dei richiedenti asilo, lo Sprar, oggi noto come Siproimi, ovvero progetti che mirano ad integrare i migranti che hanno fatto richiesta di asilo facendo loro frequentare corsi di formazione, di lingua italiana o istituti scolastici, con lo scopo di inserirli nel tessuto sociale e lavorativo italiano.

Per la procura (procuratore Pierpaolo Bruni, sostituto titolare delle indagini Anna Ida Capone), le due associazioni avrebbero presentato documentazione falsa per ottenere l’accoglimento della domanda del finanziamento per il triennio 2017/2019 relativo allo Sprar, aggiudicandosi così i progetti da 6 milioni di euro; determinante secondo gli inquirenti il supporto del dipendente comunale oggi in pensione Palmisani. Grazie a tale documentazione ritenuta non veritiera, il Comune di Caserta concesse l’affidamento in qualità di ente capofila dell’ambito dei servizi sociali.

Il centro sociale, ‘siamo innocenti’

“Siamo sereni e consapevoli di poter dimostrare la nostra estraneità alle ipotesi di reato infamanti che ci vengono addebitate”. Così in una nota il Centro sociale Ex Canapificio commenta l’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere, in cui sono coinvolti diversi suoi rappresentanti, relativa ad una presunta truffa sui fondi per l’integrazione dei migranti.

“Nel 2018 – prosegue la nota – la Procura di Santa Maria Capua Vetere decise di aprire un’indagine su alcuni attivisti del Centro Sociale Ex Canapificio di Caserta, che in quel periodo gestiva il progetto di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo Sprar.

Le indagini nascevano a seguito di una denuncia di un ex operatore del progetto, che era stato in precedenza licenziato e denunciato dal Centro Sociale per gravi fatti commessi all’interno del progetto di accoglienza. Le indagini si sono chiuse il 30 settembre 2019 e il 24 ottobre scorso ci è stata notificata la chiusura di quelle indagini” sottolinea l’associazione, evidenziando dunque lo scarto temporale – oltre cinque anni – intercorso tra la chiusura della fase investigativa e la sua formalizzazione attraverso l’avviso previsto per legge.

“Siamo orgogliosi della comunità solidale e inclusiva che abbiamo avuto l’onore di contribuire a costruire in questo Paese e in questa città. Un impegno a cui non verremo meno, a cui continueremo a dedicarci con la nostra passione, col nostro solito slancio, con la nostra caparbietà” conclude la nota.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 20 Novembre 2024 - 16:45


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