Sarà la Pastiera, pensata in una nuova veste: nuova forma, nuovi sapori e nuovi colori, la specialità prescelta per la tredicesima edizione de “I Dolci delle Feste Dei Grandi Interpreti By Mulino Caputo”. L’appuntamento è fissato per il 19 novembre presso il Grand Hotel Vesuvio di Napoli.
L’evento, diventato un focus imperdibile sulle tendenze dei dolci di fine anno vede, come di consueto, salire alla ribalta un dolce tra i più apprezzati della tradizione artigianale napoletana.Per i puristi, la Pastiera doveva essere preparata e consumata il 6 gennaio, per chiudere le festività natalizie ed aprire quelle pasquali.
Oggi questo dolce, che rappresenta fortemente Napoli, è richiesto a gran voce dai turisti e dai visitatori di passaggio, tanto da essere disponibile nelle pasticcerie e nei forni della città, 365 giorni l’anno.Un grande classico, quindi, ma che, come tutti i classici, può dare vita ad interessanti rivisitazioni.
È per questa ragione che, in occasione de “I Dolci delle Feste dei Grandi Interpreti by Mulino Caputo”, è stato chiesto ai 12 protagonisti, alcuni tra i più rinomati e talentuosi pasticceri italiani, di puntare su fantasia e professionalità per presentarne una reinterpretazione originale.
Sono attese le versioni create da: Luigi Biasetto, Giustina Brasiello, Michele Cannavacciuolo, Salvatore Capparelli, Sal De Riso, Mario Di Costanzo, Luigi Di Meglio, Marco Infante, Pietro Macellaro, Pasquale Pesce, Ciro Poppella e Sabatino Sirica.Una anticipazione, quella del 19, destinata agli addetti ai lavori alla quale seguirà la messa “in carta” della nuova pastiera, a partire dal 20 novembre, in tutte le pasticcerie dei partecipanti all’evento.
Per Antimo Caputo, Ad del Mulino di Napoli, “Il nostro evento dedicato ai Dolci delle Feste, in questi anni, ha sempre voluto stimolare la creatività e promuovere la rivisitazione dei dolci natalizi della nostra pasticceria artigianale, ricca e variegata. Spingendoci ad estendere la partecipazione ai pasticceri di altre regioni italiane, dalla Sicilia alla Toscana, dal Veneto al Lazio, invitati a dare una nuova veste ai nostri classici, consapevoli del fatto che la gastronomia napoletana, frutto di contaminazioni, dispone di un linguaggio universale”
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