Prosegue l’ondata di proteste nelle scuole italiane. A Napoli, il liceo classico Gian Battista Vico è stato occupato dagli studenti in aperta opposizione al ddl 1660, noto come ddl condotta, voluto dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Lo slogan della mobilitazione è chiaro: “Sospendiamo il ddl 1660, sospendiamo Valditara!”.
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Gli studenti denunciano un clima scolastico sempre più repressivo, aggravato dall’introduzione del decreto che dà maggiore peso alla condotta disciplinare nel computo del profitto scolastico. Secondo i ragazzi, questa riforma rappresenta un’involuzione autoritaria, in contrasto con lo statuto delle studentesse e degli studenti.
“Quello che vediamo intorno a noi è uno scenario preoccupante,” spiegano gli occupanti. “Il ddl condotta è un tassello di una politica che mira a scoraggiare la partecipazione e il dissenso nelle scuole, reprimendo chi osa protestare. Questo disegno si inserisce in un contesto più ampio, dominato da logiche securitarie che criminalizzano detenuti, migranti e attivisti.”
Gli studenti hanno preso di mira anche il ddl sicurezza, che introduce nuovi reati e inasprisce pene contro le manifestazioni pacifiche. “La vaghezza delle nuove normative,” denunciano, “crea un pericoloso margine di arbitrio che rende chiunque facilmente incriminabile.”
Le polemiche non si fermano al ddl 1660. Gli studenti ricordano la recente sospensione del professor Christian Raimo, punito con tre mesi di stipendio ridotto per aver espresso critiche nei confronti del ministro. “Il messaggio è chiaro: dissentire significa essere puniti,” affermano i ragazzi, “un monito diretto non solo ai docenti, ma anche agli studenti che osano opporsi.”
Secondo gli alunni del Vico, riforme come quella sulla condotta non affrontano le reali problematiche della scuola, come le aggressioni agli insegnanti o i disagi sociali che alimentano la violenza tra i giovani. “La logica repressiva del ministro,” sottolineano, “è la stessa del decreto Caivano: più polizia, meno soluzioni strutturali. Ma la sicurezza non si costruisce con la repressione, bensì con istruzione e diritti sociali.”
Gli occupanti rilanciano la necessità di una scuola che promuova il pensiero critico e la responsabilizzazione, piuttosto che punire con strumenti disciplinari inefficaci. “La scuola,” concludono, “dovrebbe essere il luogo dove si impara a prendersi cura di sé, degli altri e del proprio territorio. Reprimere il dissenso non crea responsabilità, ma alimenta frustrazione e odio.”
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