Napoli. “È vero, quel giorno c’erano diverse assenze. Ma noi sappiamo, nonostante le assenze che ci sono state in quella giornata, che da soli non possiamo andare da nessuna parte. Abbiamo veramente bisogno di costruire una rete, perché solo la rete in questo momento può salvarci e rimettere al centro i nostri ragazzi”.
Lo ha detto don Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, rispondendo a una domanda sull’assenza delle istituzioni ai funerali, da lui celebrati, del 15enne Emanuele Tufano, ucciso da un colpo di pistola in uno scontro a fuoco tra bande di giovani lo scorso 24 ottobre su corso Umberto, nel centro di Napoli.
Parlando a margine della conferenza stampa di presentazione di due progetti di welfare realizzati dalla Chiesa di Napoli e dalla Fondazione Con il Sud, monsignor Mimmo Battaglia, che sarà creato cardinale da Papa Francesco il prossimo 7 dicembre, ha ricordato che “il patto educativo” da lui promosso insieme a tutte le istituzioni locali dell’area metropolitana di Napoli “non si è mai fermato, sta continuando ad andare avanti.
Con fatica, ma sta continuando. È una cosa per noi ancora importante. Vogliamo essere stimolo anche nei confronti di chi purtroppo, per diversi motivi, non è stato capace, forse anche per colpa nostra, di sentirsi parte di questa rete. Non possiamo andare avanti da soli, perché non ce la faremmo, non è possibile.
Dobbiamo camminare insieme. Solo così, mettendo al centro la solidarietà, tutti noi come istituzioni torneremo ad essere credibili. Se ognuno andrà avanti per conto suo non andremo da nessuna parte. Ci sarà sempre quel vuoto in cui qualcuno si inserirà e continuerà a fare del male a tutta la città”.
Don Mimmo Battaglia è intervenuto a San Sebastiano al Vesuvio sabato scorso durante la veglia per Santo Romano, 19enne ucciso a colpi di pistola nella notte tra il 1° e il 2 novembre, omicidio per il quale è stato arrestato un ragazzo di 17 anni.
“Avevo deciso di non parlare perché a volte le parole sono stanche e non sai più cosa dire, volevo fare solo la preghiera ma quando sono entrato in chiesa ho visto che era strapiena e fuori c’erano migliaia di persone, ho visto centinaia di ragazzi, tutti adolescenti, su quell’altare accanto a quella famiglia, li ho visti piangere e soffrire persi nel loro dolore.
Mi sono detto che non potevo non parlare. Questi ragazzi hanno bisogno di essere incontrati, intercettati, di essere soprattutto ascoltati. Ho detto loro che io sono qui perché voglio starvi accanto, se voi me lo permetterete, per camminare con voi.
Non ha importanza se siete credenti o non credenti, è importante costruire quella rete che ci fa appassionare sempre più nella vita per non dare in appalto la nostra coscienza. Il contrario dela rete – ha sottolineato l’arcivescovo di Napoli – è la ragnatela, e tutti sappiamo cosa vuol dire esserci dentro. La rete restituisce la vita, dalla ragnatela non ne esci più, ti porta soltanto alla morte. Il grido è che dobbiamo lavorare insieme, costruire insieme, per rimettere al centro la dignità dei nostri ragazzi”.
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