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Camorra, latitante il ras Fabio Riccardi: fu lui ad organizzare il sequestro del fratello di Audino

Irreperibile anche Giuseppe Perrelle. Renato Audino, fratello di Francesco 'o cinese, rivolto ai carabinieri: "Voi sapete chi sono, io non vi dico niente"

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La faida di camorra di Ponticelli trasferita nel carcere di Terni dove si trovano detenuti alcuni esponenti di spicco dei due clan in guerra da anni: Francesco Audino detto ‘o cinese e Salvatore De Martino, rampollo dell’omonima famiglia degli Xx del rione Fiat alleati con i De Micco.

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Il “cinese” avrebbe partecipato all’aggressione in carcere avvenuta a luglio scorso nei confronti di De Martino. E il mese seguente arriva l’immediata risposta del clan: Renato Audino, fratello di Francesco, viene prelevato da un bar di Cercola dove si trovava da quattro esponenti del clan De Micco-De Martino perché deve invitare il fratello in carcere a mediare ed evitare altre aggressione al giovane rampollo della cosca che in quel carcere è in minoranza.

Per quel sequestro di persona ieri sono stati arrestati Romualdo Amitrano, 27enne figlio del ras Domenico, detto “Mimì ’a puttana” e Alessio La Volla, 22 anni. Mentre sono uccel di bosco gli altri due ovvero Fabio Riccardi, detto “Fabiolino”, 41 anni e Giuseppe Perrella, di 21 anni. I quattro sono tutti vicini al clan De Micco.

Ad organizzare il rapimento sarebbe stato l’irreperibile Fabio Riccardi. I carabinieri nel giro di pochi mesi hanno chiuso il cerchio facendo luce sull’episodio che non fa altro che confermare di come la tensione tra i due gruppi criminali in lotta a Ponticelli (i De Luca Bossa con i loro alleati e i De Micco-De Martino) sia sempre alle stelle.

Verso le 18 del 27 agosto, un commando di tre uomini, tra cui Romualdo Amitrano e Alessio La Volla, entrambi legati alla fazione dei De Micco, ha sequestrato con violenza il fratello di Audino in un bar di Cercola. L’uomo, minacciato, è stato condotto con la forza in auto e portato in un luogo isolato, dove lo attendeva un gruppo di affiliati, tra cui il presunto reggente Fabio Riccardi.

Dopo circa un’ora di prigionia, terrorizzato, l’ostaggio è stato liberato. Nonostante le pressioni degli inquirenti, l’uomo ha inizialmente rifiutato di collaborare, temendo ritorsioni. Tuttavia, le indagini, basate su prove indiziarie, hanno portato all’emissione di misure cautelari nei confronti di Amitrano e La Volla.

I legami familiari dei due arrestati con la criminalità organizzata locale sono chiari: Amitrano è figlio di Domenico, noto per aver cambiato fazione, mentre La Volla, figlio di Danilo, ferito in un agguato camorristico, ha dimostrato la sua fedeltà ai De Micco con un tatuaggio.

Il silenzio dell’ostaggio, nonostante la conoscenza dei suoi aguzzini, sottolinea il clima di omertà e paura che caratterizza questi ambienti. Il GIP, infatti, ha sottolineato come la vittima apparisse ancora terrorizzata, temendo per la sua incolumità e quella dei suoi familiari.

La testimonianza resa da Renato Audino ai carabinieri, e pubblicata stamane da Il Roma, è la dimostrazione ulteriore del clima di omertà e di paura che si vive in quella zona di Napoli Est.

 Renato Audino ai carabinieri: “Voi sapete chi sono, io non vi dico niente”

“Erano tutti presenti… li conosci, sai chi sono… i Grossi: grandi di età, ma anche di cilindrata. Volevano che portassi qualche messaggio alla mia famiglia, se potevo aiutarli… ma non ho modo di parlare perché non vado ai colloqui. Non porto nessun messaggio, potrebbero anche uccidermi. Non vado ai colloqui con mio fratello. E poi cosa dovrei dirgli… aggiungergli un altro peso? Ma quelli non mi credevano… mi dicevano: “Tu vai, non ti fanno parlare…”, volevano che io avessi un rapporto con loro per forza”.

Queste le dichiarazioni di Renato Audino rese a un maresciallo della Tenenza di Cercola che lo incitava a rivelare i nomi di coloro che lo avevano rapito. Ma non riuscì a convincerlo. “Io li conosco tutti… so chi sono… uno, due e tre… ma non posso dire niente. Le immagini video ci sono… vedete che non c’è una, ma tre macchine… cosa posso dirvi? Non posso dire niente… ho sempre lavorato, non ho mai fatto nulla di male, e voi mi conoscete bene”. Un muro, anche di fronte alla richiesta del pm di essere ascoltato.

“Ma che vuole da me questo procuratore… può chiamarmi altre 50, 60 volte: dirò sempre la stessa cosa… cosa posso fare? Altrimenti là vai a pagare… non è omertà, non devo niente a nessuno. Una volta, quando facevano la guerra clan contro clan, si risolveva a casa. Ma ora è diverso”.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 17 Novembre 2024 - 08:39


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