Decisione sorprendente della Corte europea dei diritti dell’uomo: messa in discussione una condanna all’ergastolo emessa dall’Italia.Il boss Luigi De Micco, condannato all’ergastolo il 19 dicembre 2018 dal GUP del Tribunale di Napoli per aver organizzato l’omicidio di Salvatore Solla (condanna confermata in tutti i successivi gradi di giudizio), ha ottenuto un risultato eccezionale.
Grazie a un complesso ricorso redatto dall’avvocato Dario Vannetiello, la Corte europea ha ritenuto ammissibile l’impugnazione, aprendo il caso “De Micco contro Italia”.Si tratta di uno dei rari casi in cui un ricorso di un condannato italiano supera il rigido vaglio di ammissibilità della Corte, un traguardo non raggiunto nemmeno dall’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ancora più raro è che la Corte esamini la legittimità di una condanna all’ergastolo emessa dai tribunali italiani.
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L’elemento probatorio principale contro De Micco erano le intercettazioni telefoniche tra i presunti complici dell’omicidio, ottenute tramite numeri “dedicati” al crimine. L’avvocato Vannetiello ha sostenuto che le utenze intercettate erano state individuate in modo del tutto illegittimo.
Infatti, durante un controllo su Lino Carbone e Antonio De Martino, non indagati né sospettati all’epoca, gli inquirenti riuscirono a rilevare discretamente dai loro cellulari i numeri di telefono in uso a De Micco e agli altri coinvolti. Grazie a queste informazioni vennero disposte le intercettazioni che contribuirono a condannare De Micco e i suoi complici.
fu effettuato su persone non sospettate al momento;
non vi fu alcuna autorizzazione o controllo dell’Autorità giudiziaria;
non venne verbalizzato, quindi l’attività svolta dagli inquirenti è tuttora incerta;
i dati acquisiti, come i numeri e i contatti in rubrica, vennero raccolti senza sequestro dei dispositivi;
senza un sequestro, gli interessati non poterono contestare l’accesso dinanzi a un giudice.
Le argomentazioni portate dalla difesa, basate sull’esperienza dell’avvocato Vannetiello in ambito di legittimità, sono state attentamente considerate dalla Corte europea, che ha ritenuto fondati i rilievi sollevati, tanto da programmare una rapida valutazione del caso.
La difesa ha contestato che l’accesso alla memoria dei telefoni per individuare numeri e contatti, validato dai giudici italiani, abbia violato gli artt. 7, 8 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per una serie di ragioni dettagliate.
Un accesso così eseguito non è chiaramente regolato dalla legge e costituisce un’invasione ingiustificata della privacy degli interessati, con gravi conseguenze anche per De Micco, riconosciuto come titolare di uno dei contatti carpiti. Tale elemento è stato cruciale nella sua condanna a “fine pena mai”.
La prossima decisione della Corte europea potrebbe rappresentare un momento storico, non solo per la giustizia italiana, ma anche per quella europea.
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