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Un deciso “no” al piano alternativo ai licenziamenti presentato dalla multinazionale dell’elettronica Jabil è stato espresso dai lavoratori dello stabilimento di Marcianise, in provincia di Caserta.
Durante un’affollata assemblea alla presenza di delegati sindacali aziendali (Rsu) e rappresentanti provinciali e nazionali delle sigle dei metalmeccanici (Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Failms), la maggioranza ha respinto il cosiddetto “piano di mitigazione sociale”.
Il piano prevedeva la cessione del sito di Marcianise, con i suoi 418 dipendenti, alla Tme Assembly Engineering Srl, una nuova società costituita da Tme di Portico di Caserta e Invitalia, partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
La procedura, avviata da Jabil dopo l’annuncio di voler chiudere le attività in Italia per marzo 2025, si chiuderà quindi senza accordo. I lavoratori hanno ribadito la loro contrarietà alla cessione a Tme, esprimendo dubbi sull’affidabilità dell’azienda.
In passato, altri lavoratori passati a società come Softlab e Orefice, anche incentivati da bonus economici, non hanno trovato stabilità lavorativa: alcuni di loro, ad esempio, sono attualmente in cassa integrazione o sono stati licenziati.
La vertenza entra ora in una fase d’incertezza: con il dialogo tra le parti concluso, non sarà disponibile un tavolo di confronto. Jabil, decisa a cessare le attività entro marzo 2025, non sembra intenzionata a tornare sui propri passi.
Tuttavia, i lavoratori mantengono ferme le loro posizioni e ribadiscono che “Jabil deve restare, perché il lavoro c’è.” La produzione nello stabilimento, infatti, è stata intensa, e si è registrato “un vero e proprio boom delle attività lavorative”.
Di fronte alla possibile perdita di 418 posti di lavoro, i lavoratori confidano nell’intervento delle istituzioni, chiedendo che il territorio casertano non venga abbandonato.
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i lavoratori non dovrebbe aver paura di perdere il lavoro, ma l'azienda deve essere piu chiara su cosa vuole fare. ci sono tanti dipendenti e la situazione e complicata per tutti. servono piu dialoghi e meno decisioni unilaterali.