Napoli. Le scarpe, quelle maledette scarpe griffate. Uno status symbol dei rampolli della camorra. E che succede se qualcuno le sporca? Purtroppo a Napoli e provincia si muore. E’ accaduto nel marzo di due anni fa a Francesco Pio Maimone a Mergellina ed è capitato di nuovo la scorsa settimana a Santo Romano a San Sebastiano al Vesuvio.
E la cosa che riflettere è che i due assassini erano amici come dimostrano le foto e i video diffuse sui social in questi giorni. Una sorta di copione, non scritto, ma da recitare ogni volta che si esce la sera e si va nei luoghi della movida giovanile: bisogna essere armati.
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“Mi hanno calpestato le scarpe, sono di Versace le ho pagate 500 euro e mi sono arrabbiato”, basta questa frase rilasciata ai magistrati nella sua confessione da Luigi D.M. per avere un quadro preciso dello scenario in cui si muovono gli investigatori in questa indagine.
E’ la triste verità che emerge dai verbali della confessione del 17enne Luigi D.M, originario di Barra pubblicata oggi da Repubblica e Il Mattino. Il 17enne, per il quale il gip ha disposto la detenzione nell’istituto di Nisida, ha quindi confermato che a scatenare la lite è stato proprio un pestone involontario subito su quelle scarpe griffate che il ragazzo disoccupato e nullafacente, ma che riceve una pensione di invalidità, aveva pagato 500 euro.
Lascia il tempo che trova poi il suo successivo tentativo di giustificazione che il suo avvocato Luca Raviele sta cavalcando in tutte le tv italiane in questi giorni ovvero che la sua auto sarebbe stata colpita da una pietra e che Santo Romano e i suoi amici avrebbero cercato di aggredirlo, anzi addirittura colpito con uno schiaffo e uno avrebbe infine estratto un coltello.
E quindi si sarebbe difeso estraendo la pistola che aveva addosso e fatto fuoco tre volte: uccidendo Santo Romano, ferendo di striscio un amico e per pochi centimetri non colpito un terzo.
E quella pistola come emerge dall’ordinanza cautelare firmata gip Anita Polito che ha confermato il fermo del minorenne disposto d’urgenza dal pm Ettore La Ragione il baby killer di Barra l’aveva estratta anche circa un’ora prima sempre in quella piazza di San Sebastiano al Vesuvio, e l’aveva puntata sotto il mento di un altro ragazzo con ilq aule aveva avuto un’altra discussione.
Il baby killer ha poi raccontato di essere anadato ai Baretti di Chiaia e di aver lasciato cadere la pistola tra la folla e di aver rotto e gettato la scheda telefonica in un tombino. Una contraddizione rispetto al fatto che racconta di non essersi accorto di di aver ucciso una persona.
Perché ha gettato pistola e scheda telefonica? Invece come dimostrano le indagini già sapeva cosa aveva fatto e quaslche ora dopo qualcuno lo ha avvisato che i carabinieri lo cercavano.
Il gip nel motivare la misura cautelare scrive: “Ogni altra misura meno afflittiva è assolutamente inidonea, tenuto conto delle circostanze e della evidente incapacità della famiglia a contenere le spinte devianti del figlio”.
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