In Irpinia, una delle aree a più alto rischio sismico d’Italia, prende vita un progetto innovativo per il monitoraggio delle faglie sotterranee: l’Irpinia Near Fault Observatory (NFO). Il nuovo osservatorio nasce dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con l’obiettivo di potenziare il sistema di rilevamento sismico utilizzando tecnologie all’avanguardia.
Uno dei principali aspetti della ricerca è l’uso sperimentale della fibra ottica, solitamente impiegata nelle telecomunicazioni, come sensore sismico. Recentemente, i ricercatori dell’Ingv e della Federico II hanno completato l’installazione di un dispositivo di rilevamento acustico (DAS) a Tito Scalo, in provincia di Potenza. Grazie alla collaborazione con l’azienda di telecomunicazioni Metis, è stato possibile utilizzare un tratto di fibra ottica lungo circa 20 km per testare questa nuova tecnologia.
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Il progetto è parte dell’European Plate Observing System (EPOS) e rientra nel programma finanziato dal Pnrr “Monitoring Earth’s Evolution and Tectonics” (MEET). L’Irpinia Near Fault Observatory si propone di migliorare la precisione del monitoraggio sismico attraverso due azioni principali: l’espansione delle attuali stazioni sismiche in vere e proprie “costellazioni” di sensori ravvicinati, in grado di captare anche microsismi di bassa magnitudo, e la sperimentazione della fibra ottica come innovativo sensore sismico.
“Le misurazioni si basano sull’utilizzo di una sorgente laser che invia impulsi luminosi all’interno della fibra”, spiega Gilberto Saccorotti, ricercatore dell’Ingv. “Ogni minima deformazione della fibra modifica il percorso degli impulsi, e queste variazioni permettono di misurare la deformazione del terreno causata, ad esempio, dal passaggio di onde sismiche”. La grande innovazione risiede nella capacità del dispositivo di effettuare rilevazioni centinaia di volte al secondo, con una spaziatura di un metro lungo fibre che si estendono per decine di chilometri. Questo sistema promette di fornire una mole di dati molto più dettagliata rispetto alle attuali reti sismiche, offrendo una “fotografia” continua e precisa della deformazione del suolo.
Secondo Gaetano Festa, professore di Fisica alla Federico II, l’Irpinia rappresenta il luogo ideale per testare questi nuovi sistemi. “La presenza di numerose reti parametriche nella zona ci permetterà di confrontare i nuovi dati con quelli già in nostro possesso, verificarli e comprenderne appieno le potenzialità”, spiega Festa. “Ci aspettiamo un enorme salto di qualità: sarà come avere migliaia di sensori lungo il tratto monitorato, che forniranno dati continui in tempo reale”.
Le prime immagini ottenute dalla sperimentazione mostrano già i vantaggi dell’utilizzo della fibra ottica per il monitoraggio sismico. Questa tecnologia potrebbe rivoluzionare la comprensione della dinamica delle faglie, offrendo una visione più dettagliata della genesi dei terremoti e aprendo la strada a nuove ricerche per migliorare la gestione del rischio sismico.
L’Irpinia Near Fault Observatory si configura così come un tassello fondamentale per lo studio del rischio sismico in Italia, con la possibilità di esportare questa tecnologia anche in altre aree sismicamente attive del mondo. Una sfida scientifica che guarda al futuro, ma con radici ben salde nella storia e nella geologia di una delle zone più vulnerabili del Paese.
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