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Napoli, scoperto il “compromesso di camorra” tra i De Luca Bossa e i De Martino

I retroscena del blitz anticamorra di Ponticelli: Il clan De Micco Di Martino pretendeva tra i 2500 e 5000 euro per l'assegnazione delle case popolari al rione Fiat

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Napoli. Altro che compromesso storico: quello tra i clan De Luca Bossa e di De Martino “Xx” di Ponticelli è un compromesso di camorra.

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Nel nome del business: un patto di non belligeranza per la spartizione dei proventi derivanti dalle attività illecite. Ma nonostante ciò gli omicidi, gli attentati, le stese, sono continuate.

E’ uno scenario investigativo nuovo, per i media, quello che viene fuori dall’inchiesta della Dda di Napoli che oggi ha portato in carcere sessanta persone dei clan operanti su Ponticelli.

Mentre non è nuova la notizia che i clan De Micco e De Martino hanno gestito “in modalita’ monopolistica, il racket degli alloggi popolari”.

E per questo che stamane la Polizia di Stato, con personale della Squadra Mobile e del Commissariato di P.S. Ponticelli, ha dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di sessanta persone.

Tutti accusati, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al furto, concorso esterno in associazione mafiosa, tentato omicidio, possesso ingiustificato di armi e ordigni esplosivi, estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, furto e ricettazione.

L’indagine, condotta tra il 2021 e il 2022, ha documentato l’esistenza e l’operatività di un sodalizio di tipo camorristico, operante nell’area orientale del capoluogo e in alcuni comuni della provincia, facente capo alle famiglie De Micco (Bodo) e De Martino (XX), espressione, su quei territori, del  clan Mazzarella.

In particolare, le investigazioni hanno dimostrato come, all’esito della contrapposizione tra il clan D’Amico (Fraulella) e il clan De Micco (Bodo), che nel corso degli anni ha causato numerosi omicidi e fatti di sangue, sul territorio di Ponticelli abbia assunto un ruolo predominante il clan De Luca/Bossa che, unitamente alle famiglie Minichini, Casella, Aprea e Cuccaro, era espressione della famigerata Alleanza di Secondigliano.

In tale contesto, la famiglia De Martino (XX), parzialmente disarticolata dalle numerose inchieste giudiziarie, ha dovuto accettare un’alleanza di compromesso con il citato clan De Luca/Bossa per la spartizione dei proventi derivanti dalle attività illecite.

Tuttavia, numerosi omicidi e fatti di sangue hanno finito ben presto per incrinare la predetta alleanza e per determinare l’avvio di una nuova fase di contrapposizione tra i due gruppi criminali, accentuatasi a seguito della scarcerazione di esponenti di spicco di entrambe le compagini.

 Le indagini sul tentato omicidio di Luigi Aulisio

Tra gli eventi che hanno favorito la rottura tra le citate famiglie criminali può annoverarsi il tentato omicidio di Aulisio Luigi, esponente del clan Casella, che nel corso delle indagini è stato dettagliatamente ricostruito, come pure un tentativo di estorsione aggravata dal metodo mafioso in danno dei gestori di una fiorente “piazza di spaccio” del rione De Gasperi di Ponticelli, una dei luoghi di maggiore presenza del sodalizio De Luca/Bossa.

Questo periodo di contrapposizione armata è stato segnato, peraltro, anche da numerosi attentata dinamitardi che hanno interessato le rispettive roccaforti dei clan.

L’organizzazione criminale investigata era in grado di gestire l’intera filiera del narcotraffico, dall’approvvigionamento di ingenti quantità di stupefacenti cocaina, crack, marijuana e hashish – fino allo smercio della droga al dettaglio.

Numerosi, in tal senso, sono stati i riscontri effettuati nel corso dell’indagine con il sequestro di circa 200 kg di sostanze stupefacenti di diverso tipo, oltre ad un laboratorio utilizzato per la raffinazione e il confezionamento del crack e un locale per lo stoccaggio e la preparazione di altri tipi di droga.

E’ stata documentata, attraverso vari sequestri, la elevata disponibilità, da parte del gruppo criminale, di armi da fuoco comuni e da guerra e relativo munizionamento, di ordigni da guerra e rudimentali e di locali adibiti alla manutenzione delle armi.

 L’arsenale scoperto nel “grattacielo di Ponticelli”

In particolare, nella zona del cosiddetto “grattacielo di Ponticelli” – sito in largo Claudio Molinari – fu scoperto e sequestrato un locale adibito alla conservazione e manutenzione di armi di grosso calibro. Nello stesso, oltre a numerose armi e munizioni, furono sequestrati arnesi per la pulizia e per la lubrificazione delle armi, oltre a un ordigno da soft air, appositamente modificato per diventare micidiale.

Ulteriori ordigni bellici sono stati rinvenuti in altri due covi scoperti, rispettivamente, nella zona del Rione Fiat e nell’area delle cosiddette “Case di Topolino”.

Ancora, le indagini hanno dimostrato come il sodalizio gestisse, in modalità monopolistica, il racket degli alloggi popolari, grazie alla capacità di affidare le abitazioni a persone compiacenti e dietro il pagamento di un corrispettivo in denaro. La pervasività del clan, in questo settore, si esprimeva anche nella gestione delle attività di pulizia dei comprensori popolari di Ponticelli, affidati a soggetti affiliati ai quali gli inquilini erano costretti a rivolgersi.

Numerose infatti le minacce documentate nei confronti degli abitanti degli stabili in parola, obbligati dal clan a versare quote di denaro a rappresentanti delle ditte referenti del clan.

 Pizzo al clan De Micco Di Martino tra i 2500 e 5000 euro per l’assegnazione delle case popolari

Il clan De Micco-Di Martino aveva un prezzario per assegnare le case popolari del quartiere di Napoli di Ponticelli, in particolare del rione Fiat, a occupanti abusivi. A seconda del grado di gradimento nei confronti della nuova famiglia occupante, la cifra da pagare alla cosca oscillava tra i 2.000 e i 5.000 euro

Infine, sono state documentate numerose condotte estorsive portate avanti con la tecnica del “cavallo di ritorno”; alcuni indagati, infatti, erano dediti al furto di auto e motoveicoli che, successivamente venivano restituiti ai legittimi proprietari solo dietro il pagamento di ingenti somme di denaro.

Gli ingenti proventi delle attività delittuose portate avanti dall’organizzazione criminale investigata sono stati in parte ricostruiti, anche grazie al sequestro di alcuni libri contabili del clan.

Nello specifico, è stata rinvenuta e sequestrata numerosa documentazione grazie alla quale è stato possibile ricostruire gli introiti derivanti sia dalla fornitura delle piazze di spaccio controllate – con indicazione anche di nomi e alias dei singoli pusher – sia dalla gestione della redditizia attività di pulizia degli alloggi popolari.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 3 Ottobre 2024 - 11:58


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