L’enigma dell’hacker bianco Carmelo Miano: il giovane ingegnere informatico siciliano, si trova al centro di un intrigo che sfiora il paradosso.
Accusato di aver violato i sistemi informatici del Ministero della Giustizia e di aver sottratto le credenziali di accesso di decine di magistrati, Miano avrebbe, al contempo, offerto la sua collaborazione a prestigiose agenzie investigative come l’FBI e l’AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) e anche alla stessa Polizia Postale che poi l’ha arrestato,
Una scoperta sorprendente, comunicata dal suo avvocato ai giornalisti, che dipinge un quadro complesso e contraddittorio. Miano, è solo un hacker di talento e che sarebbe stato spinto da una mera “curiosità” a compiere atti che mettono a rischio la sicurezza nazionale. Ma come conciliare questa spiegazione con la gravità delle accuse e con l’interesse manifestato da agenzie governative verso le sue competenze?
La vicenda solleva interrogativi inquietanti: Miano era un semplice curioso, un whistleblower in anticipo sui tempi, oppure un doppiogiochista che agiva per conto di potenze straniere? Le sue azioni erano frutto di un calcolo strategico o di un gesto impulsivo?
Carmelo Miano, ha copiato sui suoi dispositivi l’intero database utenti del Ministero della Giustizia, riuscendo a estrapolare le password di 46 magistrati inquirenti in diverse parti d’Italia, tra cui quelle dei procuratori di Napoli, Perugia e Firenze.
Tra questi, il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, che si è detto “incuriosito e inquietato” dalla notizia, è impegnato anche in un’indagine sugli accessi abusivi alle banche dati della Direzione nazionale antimafia da parte di Pasquale Striano. In quest’ultima indagine è coinvolto anche l’ex magistrato Antonio Laudati, oltre a un ufficiale della Guardia di Finanza.
L’avvocato difensore di Miano, Gioacchino Genchi, ha presentato una memoria al Tribunale del Riesame, evidenziando che Miano, oltre ad accedere ai server e alle email della Guardia di Finanza, Tim, Leonardo e altre aziende del settore informatico istituzionale, ha violato anche le caselle email di numerosi magistrati, da Gela a Brescia, passando per Perugia, Roma e Napoli.
Tra i bersagli c’era anche Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, che però faceva scarso uso della casella compromessa, preferendo canali di comunicazione più sicuri per le informazioni delicate.
Durante l’udienza, la Procura di Napoli ha espresso parere contrario alla richiesta di attenuare la misura cautelare di Miano e al trasferimento dell’indagine a Perugia, sostenendo la pericolosità dell’hacker. I procuratori Claudio Orario Onorati e Mariasofia Cozza hanno confermato questa posizione.
L’avvocato Genchi ha sottolineato le vulnerabilità dei sistemi di sicurezza del Ministero della Giustizia, avvertendo che le incursioni di Miano potrebbero aprire la strada a violazioni ben più gravi.
Genchi ha dichiarato che Miano aveva accesso alle caselle mail che trasmettono informazioni fondamentali come notizie di reato, ordini di fermo e misure cautelari di procure e Dda di tutta Italia.
Ha anche sostenuto che, se Miano fosse stato un criminale, avrebbe potuto mettere seriamente in crisi l’intero sistema giudiziario italiano, ma non l’ha fatto, poiché si sarebbe limitato a monitorare le indagini su se stesso. Tuttavia, la Procura di Napoli non condivide questa interpretazione, ritenendo che l’obiettivo di Miano fosse vendere i dati sensibili, ipotizzando un possibile coinvolgimento di terze parti.
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La vicenda è davvero complessa e piena di interrogativi, sarà interessante vedere come si evolverà.