Il detenuto si addormenta lasciando lo smartphone in carica, ben visibile. A riportare l’accaduto è Tiziana Guacci, segretaria regionale del Sappe.
L’episodio si è verificato nel carcere di Bellizzi Irpino dove un agente della Polizia penitenziaria, durante un controllo notturno, ha notato il detenuto addormentato a terra con accanto il cellulare, completo di scheda SIM, collegato al caricabatterie attraverso il televisore.
“Il Sappe”, prosegue, “esprime il proprio compiacimento per l’attività svolta dal personale in servizio presso il carcere irpino che, nonostante le numerose difficoltà, e gli scarsi mezzi a disposizione, riesce ancora a contrastare gli illeciti compiuti dai detenuti”.
Lapidario il commento di Donato Capece, segretario generale del SAPPE, che ricorda che introdurre o possedere illegalmente un telefono cellulare in carcere costituisce reato, punito da 1 a 4 anni di reclusione: “L’introduzione del reato nel nostro Codice penale, purtroppo, non ha sortito gli effetti sperati; l’unico deterrente possibile rimane la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni. La situazione è ormai fuori controllo.
È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l’introduzione di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari”.
E si appella al DAP: “domandiamo ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a che punto è proprio il progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiare l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.
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