napoli. L’arresto del noto rapinatore Marco Scuotto per il triplice tentato omicidio dei suoi presunti complici avvenuto il 9 maggio scorso nella zona di Capodimonte ha chiarito che si è trattato di un regolamento di conti.
Ma anche aperto scenari investigativi sul colpi compiuti dalla banda tra Napoli e la provincia ma probabilmente anche in altre zone d’Italia. Ora il lavoro degli inquirenti è individuare dove.
L’agguato, maturato nell’ambito di una faida interna alla “banda del buco”, avrebbe visto Scuotto affrontare tre complici, ferendoli gravemente. Il movente? Probabilmente una disputa sulla divisione del bottino di una precedente rapina.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Napoli, hanno ricostruito nei minimi dettagli l’accaduto, grazie anche alle immagini di videos orveglianza. Scuotto, rintracciato nella sua abitazione proprio in Corso Amedeo di Savoia, è stato condotto in carcere.
Stando a quanto emerso dalle indagini, i tre feriti ovvero Gennaro Esposito, Antonio Russo e Vincenzo Grandelli, tutti già noti alle forze dell’ordine, il pomeriggio del 9 maggio erano andati sotto casa di Marco Scuotto per discutere di “affari”.
Probabilmente al centro dell’incontro la divisione del bottino di un precedente colpo. Il 44enne però si era armato e quando ha capito che la discussione stava degenerando e per lui si poteva mettere male visto che erano quattro contro uno avrebbe affrontato i “colleghi” a colpi di pistola.
Ne ferì tre mentre il quarto rimase miracolosamente illeso perchè la pistola si inceppò. Le vittime si recarono ciascuna in un ospedale diverso della città, per non destare sospetti e far credere alle forze dell’ordine erano stati episodi ciascuno separato dall’altro.
Le numerose telecamere presenti in zona hanno contribuito a fare luce sull’accaduto e gli agenti della squadra mobile di Napoli, che conducono le indagini sotto il coordinamento della Dda di Napoli, ieri mattina lo hanno arrestato nella sua abitazione dove era tornato dopo un periodo di “fuga” lontano da Napoli per paura di ritorsioni.
Tra l’altro le immagini, che lo hanno incastrato, lo ritraevano prima in azione e poi, dopo avere ferito i complici, in fuga a tutta velocità in sella a uno scooter.
Grazie alle identificazioni è stato possibile scoprire che erano tutti componenti una banda di rapinatori professionisti, espertissimi, sopra la cinquantina, in grado di mettere a segno rapine, con la cosiddetta “tecnica del buco”, in tutt’Italia.
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