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Nessun carcere vuole il detenuto cannibale di Poggioreale

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Le autorità giudiziarie hanno disposto il trasferimento immediato del detenuto cannibale del carcere di Poggioreale in una struttura psichiatrica.

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Il detenuto maliano l’altro giorno ha dato prova di una violenza inaudita, compiendo un atto di cannibalismo ai danni di un compagno di cella. L’uomo, dopo aver tramortito la vittima, le ha tranciato un dito con i denti e l’ha ingoiato.

Ma la realtà si è scontrata con la cruda verità: in Campania, come in molte altre regioni italiane, i posti letto nelle strutture specializzate per detenuti con disturbi mentali sono pressoché inesistenti.

Il risultato è che il detenuto cannibale, anziché essere sottoposto a una terapia adeguata, rimane recluso in un carcere già sovraffollato e in condizioni igienico-sanitarie precarie.

A denunciare la gravità della situazione è il sindacato Uspp, che da tempo segnala l’emergenza psichiatrica nelle carceri italiane.

“È inaccettabile che agenti penitenziari siano costretti a convivere quotidianamente con detenuti affetti da gravi disturbi mentali, senza gli strumenti e le competenze necessarie per gestirli”, tuona il segretario campano del sindacato.

“Le Rems, che dovevano rappresentare una soluzione, si sono rivelate un fallimento. La chiusura degli Opg ha lasciato un vuoto incolmabile, e i detenuti psichiatrici sono finiti per intasare le carceri, aggravando un problema già esistente”.

L’episodio di Poggioreale è solo la punta dell’iceberg

In tutta Italia si moltiplicano i casi di violenza e autolesionismo tra i detenuti con disturbi mentali. La carenza di personale specializzato, la mancanza di programmi terapeutici adeguati e il sovraffollamento delle carceri creano un cocktail esplosivo, con conseguenze drammatiche per i detenuti stessi e per gli operatori penitenziari.

È urgente che il Governo e le Regioni intervengano con urgenza per affrontare questa emergenza. Sono necessarie nuove risorse per aumentare i posti letto nelle strutture psichiatriche, per formare il personale e per implementare programmi terapeutici efficaci. Solo così si potrà garantire la sicurezza all’interno delle carceri e tutelare i diritti dei detenuti più fragili.




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