TikTok, la piattaforma cinese che ha rapidamente conquistato il mondo dei social media, è ormai diventata un “dark social”, uno spazio virtuale in cui le dinamiche di contenuto sono guidate da logiche oscure e opache.
L’algoritmo su cui si basa il suo funzionamento sembra premiare contenuti violenti, degradanti e sensazionalistici, tutto in nome del profitto. In questo contesto, i profili meno comuni vengono sfruttati, resi virali per breve tempo e poi abbandonati, in un ciclo continuo.
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Incredibilmente nessuno fino ad ora si sta interessando seriamente al social cinese. Troppo facile prendersela con i “soliti” noti come Facebook, Instagram e Youtube ?
TikTok è ormai molto più di un semplice social network: è un “dark social”, un luogo in cui i contenuti più disturbanti vengono promossi e resi virali, mentre chi cerca di fare informazione viene messo da parte.
In un contesto in cui la politica sembra disinteressata o complice, il social cinese continua a espandere la sua influenza, con effetti potenzialmente devastanti per le nuove generazioni. È urgente una riflessione seria su come regolamentare questa piattaforma e su come proteggere gli utenti, soprattutto i più giovani, da contenuti che non dovrebbero mai vedere la luce del giorno.
Il cuore pulsante di TikTok è il suo algoritmo, un sofisticato sistema di intelligenza artificiale che decide quali contenuti mostrare agli utenti. Tuttavia, questo algoritmo sembra essere costruito su principi inquietanti: premiare la violenza, il degrado e il sensazionalismo. La logica è chiara: contenuti estremi generano più visualizzazioni, più interazioni, e di conseguenza, più profitti. Ma a quale costo?
Il meccanismo è tanto semplice quanto efficace: TikTok rende virale un profilo, spesso di un creatore marginale o con contenuti controversi, per poi spostare rapidamente l’attenzione su un altro. Questo ciclo continuo non solo alimenta un flusso ininterrotto di contenuti tossici, ma sfrutta anche i creatori, usandoli finché sono redditizi e poi abbandonandoli senza preavviso.
Non è solo una questione di cosa viene promosso, ma anche di chi. TikTok è noto per evitare di portare troppa attenzione ai creator che potrebbero in qualche modo mettere in discussione l’algoritmo o i suoi meccanismi di funzionamento. I profili che cercano di fare informazione, soprattutto a livello locale o nazionale, vengono sistematicamente marginalizzati.
Questo è particolarmente evidente in paesi come l’Italia, dove l’assenza di una posizione chiara e decisa su TikTok da parte delle istituzioni lascia ampi margini di manovra alla piattaforma. Praticamente fanno quello che vogliono, se ne fregano realmente di tutto il contesto sociale, lavorativo, che purtroppo gira attorno alla piattaforma cinese.
È difficile non vedere in questa situazione un legame con gli interessi cinesi, che sembrano avere un’influenza crescente sulla politica italiana. I soldi cinesi fanno gola, e la politica sembra disposta a chiudere un occhio, forse tutti e due, sui potenziali pericoli che TikTok rappresenta.
Questo crea un ambiente in cui il social cinese può operare senza reali contrappesi, indirizzando i follower verso i “profili giusti” e lasciando ai margini chi cerca di informare e fare comunicazione seriamente, controllando le cosiddette fake news che sul social cinese sono diffusissime.
Il risultato di tutto ciò è uno sbandamento totale per i giovani utenti, che si trovano a navigare in un mare di contenuti osceni, violenti e inappropriati. TikTok, con la sua mancanza di trasparenza e serietà, è diventato un luogo ideale per la pubblicazione di qualsiasi cosa.
La mancanza di regole chiare e di controllo sui contenuti è particolarmente pericolosa in un paese come l’Italia, dove la regolamentazione dei social media è ancora in una fase embrionale. Nel frattempo, TikTok continua a prosperare, alimentato da un algoritmo che sembra più interessato a fare soldi che a creare una piattaforma realmente “social” nella quale potersi fidare, essere affidabile.
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