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Marano, latitante del clan Polverino sorpreso a fumare narghilè con i complici

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Marano. Era talmente tranquillo del suo covo al fresco della collina di Marano che il narcos Pasquale Cesaro si rilassava fumando un narghilé insieme al suo complice e a due donne.

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Eppure sapeva di essere un latitante ricercato: deve scontare una pena di 16 anni e 8 mesi di reclusione. Una condanna per traffico internazionale di stupefacenti, ancora ineseguita poiché l’uomo è scomparso dai radar della giustizia dal 1 luglio 2023.

Il blitz con 40 carabinieri è scattato alle tre della notte appena trascorsa:  in via De Filippo. I militari circondano villetta nella campagna di Marano.

Ci sono i militari del nucleo investigativo di Castello di Cisterna e del ROS di Napoli. Tutti gli occhi sono puntati su quel villino, circondato da una corte, con la luce che filtra appena dalle tapparelle abbassate. All’interno si nasconde Pasquale Cesaro, latitante di 52 anni, broker del narcotraffico e considerato vicino al clan “Nuvoletta-Orlando-Polverino“.

Pasquale Cesaro, broker del narcotraffico del clan Nuvoletta-Orlando-Polverino

Cesaro è ritenuto una figura centrale nel traffico di cocaina dal Sud America verso la provincia di Napoli e deve scontare una pena di 16 anni e 8 mesi di reclusione.

I carabinieri, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, non hanno mai smesso di cercarlo, seguendo la sua rete di contatti e monitorando i social network.

Ha tentato la fuga attraverso i campi ma si è ferito

Il 52enne non è solo. Con lui ci sono un uomo di 43 anni e due donne, sedute attorno a un narghilè. Scatta il blitz. Cesaro tenta la fuga attraverso una porta sul retro, scavalca la recinzione e si ferisce una gamba su uno spuntone di metallo.

Nonostante la ferita, continua a correre, ma si rende conto rapidamente di non avere via di scampo: i carabinieri lo hanno circondato. Le manette scattano e per lui si aprono le porte del carcere di Secondigliano.

Anche il 43enne che era con lui viene arrestato per aver facilitato la sua latitanza, con l’accusa di procurata inosservanza di pena. Le due donne, invece, vengono denunciate in stato di libertà per lo stesso reato.




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