Qualche giorno fa, il gruppo di biologi marini del Parco Sommerso della Gaiola, coordinati dal Direttore del Parco, Maurizio Simeone, durante le attività di ricerca scientifica e monitoraggio subacqueo sui banchi rocciosi profondi della Zona Speciale di Conservazione Gaiola-Nisida, nell’ambito del Progetto URCHIN, si sono imbattuti in uno splendido e rarissimo esemplare di Charonia lampas, comunemente detto tritone di mare, il gasteropode marino più grande del Mediterraneo. L’esemplare censito sui fondali della ZSC misurava circa 30 cm.
Negli ultimi decenni, la specie ha subito un’enorme rarefazione in tutto il Mediterraneo a causa dell’inquinamento del mare e della pesca indiscriminata, soprattutto per la bellezza e grandezza unica della sua conchiglia. Raggiunge infatti i 30/40 centimetri di lunghezza e mostra un mantello chiazzato, con base grigio biancastra e macchie molto compatte di colore arancio o più scure (rossastre).
La specie è oggi protetta ed è inserita nell’allegato II della Convenzione di Berna e nell’allegato II del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona. Anticamente, la conchiglia era utilizzata come strumento musicale e come corno da nebbia dai pescatori. Vive su fondali detritici e rocciosi, soprattutto all’interno della biocenosi del Coralligeno, oltre i 20 metri di profondità, su cui si sta concentrando il Progetto URCHIN – Underwater Research Coralligenous Habitat In Naples, portato avanti dal Parco Sommerso di Gaiola nell’ambito del Programma di Ricerca del Progetto Centro Nazionale “National Biodiversity Future Center” con il sostegno del CNR.
“Un avvistamento più unico che raro che sottolinea l’importanza biologica fondamentale di questo tratto di costa dove sono ancora presenti gli ultimi banchi di Coralligeno della costa napoletana. Un habitat fondamentale, riconosciuto quale hot spot di biodiversità del Mediterraneo e per questo tutelato sia dalla Convenzione di Barcellona che dalla Direttiva Habitat,” dichiara il Direttore del Parco, Maurizio Simeone.
“È una segnalazione di grandissimo valore biologico ed interesse scientifico. È un organismo ormai estremamente raro, tra l’altro un bellissimo esemplare adulto che impiega decine di anni per raggiungere quelle dimensioni,” dichiara Guido Villani, biologo marino e fotografo subacqueo esperto dei fondali del Golfo.
Questo splendido incontro con il tritone marino su questi fondali non può non riportare l’attenzione su quanto si è appreso recentemente circa il rischio che tutto ciò venga perso per sempre. Paradossalmente, infatti, il PRARU di Bagnoli ha individuato proprio quest’area e questi splendidi banchi coralligeni come area sacrificale per convogliare, raddoppiandone la portata, tutti gli scarichi di troppo pieno dell’intera area occidentale di Napoli (Bagnoli, Fuorigrotta, Soccavo e Pianura). Il progetto prevede il raddoppio degli scarichi sulla linea di costa tra l’Isola di Nisida e il Parco della Gaiola (portata massima che passerà dagli attuali 100m³/sec a 206m³/sec), e la realizzazione anche di nuovi scarichi sui fondali proprio in prossimità dei 3 banchi di coralligeno che ospitano il magnifico tritone e tantissime altre specie tutelate.
Specie ed habitat fondamentali che sono valse a quest’area la designazione quale Zona Speciale di Conservazione della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, il cui scopo è proprio quello di “salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato”.
Naturalmente, il Parco Sommerso della Gaiola ha già espresso in tutte le sedi il proprio parere negativo a queste scellerate opere, con una dettagliata relazione tecnica che mette in evidenza i gravissimi rischi per la salvaguardia di questo scrigno di biodiversità unico della nostra città, che, ricordiamolo, custodisce ben 15 diverse comunità biologiche marine, 3 habitat oggetto di tutela europea, di cui 1 habitat prioritario, e oltre 20 specie protette.
Fortunatamente, il Parco non è solo in questa battaglia di civiltà, poiché al MASE sono giunte oltre 80 osservazioni tecniche contrarie da parte di ricercatori, professori universitari, associazioni ambientali, tecnici, mondo della cultura e semplici cittadini.
Speriamo che la bellissima Charonia lampas, assieme alle tantissime altre specie fondamentali sopravvissute fino ad oggi sui fondali della Gaiola, non debbano essere ancora una volta ennesime vittime della cecità umana.
Articolo pubblicato il giorno 23 Agosto 2024 - 21:57