Napoli. Giovani criminali crescono, bulli fin dalla tenera età che non conoscono il rispetto delle regole.
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E’ questa la sintesi del racconto dell’ennesimo episodio di violenza che vede come protagonisti minorenni. E’ accaduto nella notte appena trascorsa in Piazza Dante.
Un quattordicenne, in sella a uno scooter senza casco e con un coltello, ha opposto resistenza ai carabinieri durante un controllo.
Intorno alla mezzanotte, i militari stavano effettuando un servizio mirato contro i giovani che sfrecciano senza casco nella zona pedonale. Notato il ragazzo, lo hanno fermato, ma questi ha reagito in modo aggressivo, cercando di scappare e minacciando gli agenti.
Dopo un inseguimento per le vie del centro, il giovane è stato bloccato e arrestato. Durante la fuga, ha gettato a terra un coltello a serramanico.
Il 14enne, già noto alle forze dell’ordine per precedenti penali, ha rivolto insulti e minacce a un carabiniere, rimproverandolo per una precedente denuncia.
Il padre del ragazzo, giunto sul posto, è apparso profondamente turbato dalla situazione. Dopo un momento di tensione, la calma è stata ripristinata.
Rimproveri, un paio di sberle al figlio e le scuse del genitore ristabiliscono un equilibrio di civiltà. I carabinieri sequestrano lo scooter. L’altro ragazzino viene affidato anche lui ai propri genitori.
Oltre a questo episodio, i carabinieri hanno denunciato altri giovani per guida senza patente e sequestrato numerosi scooter.
L’episodio di Piazza Dante, come tanti altri raccontati nelle cronache di Napoli di questi mesi, solleva diverse questioni. Da un lato, sottolinea l’importanza dei controlli da parte delle forze dell’ordine per garantire la sicurezza dei cittadini.
Dall’altro, evidenzia la necessità di intervenire sui fattori sociali e culturali che spingono i giovani a compiere atti di violenza.
Avere 14 anni, passeggiare con lo scooter senza casco nell’area pedonale di piazza Dante con in tasca un coltello per sentirti più forte. Molte volte le forze dell’ordine si sono sentiti dire: “Mi serve per difendermi”. Ma non può e non deve essere così.
E’ una questione culturale che parte prima dalle famiglie e poi dalle scuole.
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