Una “centrale di riciclaggio” al servizio dei clan, gestita dai figli di boss storici, è stata scoperta a Roma dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA).
18 persone sono state arrestate in tutta Italia, mentre gli indagati sono 57 con accuse che spaziano dall’associazione mafiosa all’estorsione, all’usura, al riciclaggio e al traffico di armi. Sequestrati beni per un valore di oltre 131 milioni di euro.
L’indagine, avviata nel 2018, ha svelato l’esistenza di due gruppi criminali che riciclavano denaro per conto di diverse organizzazioni mafiose, tra cui la camorra campana e la ‘ndrangheta calabrese. I proventi illeciti venivano ripuliti in svariati settori, con particolare attenzione agli idrocarburi e al cinema.
Le modalità operative erano tipiche: società fittizie, false fatturazioni, e la compiacenza di imprenditori e professionisti, tra cui un commercialista.
Figure chiave dell’operazione risultano essere Antonio Nicoletti, figlio di Enrico, storico cassiere della Banda della Magliana, e Vincenzo Senese, primogenito del boss Michele Senese detto “o pazz”. Entrambi erano attivi nel riciclaggio di denaro sporco.
Coinvolti anche il produttore cinematografico Daniele Muscariello, già arrestato un anno fa per riciclaggio, e l’ex manager musicale di Achille Lauro Angelo Calculli.
L’inchiesta offre uno spaccato inquietante sull’infiltrazione mafiosa nella Capitale, dove, come sostengono alcuni degli indagati, “la politica è mafia”.
Tra i dettagli emersi dalle indagini, spicca un episodio del luglio 2019 in cui Antonio Nicoletti jr fu aggredito durante una rissa. L’intervento di un conoscitore che lo riconobbe come figlio di Enrico Nicoletti salvò la situazione.
Le indagini proseguono per fare luce su tutti i contorni di questa vicenda e per individuare eventuali altri complici.
Fra i 57 indagati figurano Domitilla Strina, la figlia di Anna Betz nota come Lady Petrolio, e l’ex calciatore Giorgio Bresciani che esordì nel 1987 in serie A con la maglia del Torino.
Dall’attività d’indagine, avviata nel 2018 dalla Dia di Roma e coordinata dalla Dda capitolina, è emersa l’esistenza di due gruppi criminali che riciclavano per varie articolazioni, dalla camorra campana alla ‘ndrangheta calabrese, ingenti somme di denaro che veniva ripulito in diversi settori, in particolare negli idrocarburi e in quello cinematografico.
Venivano costituite società fittizie per emettere false fatturazioni grazie al supporto fornito da imprenditori e da liberi professionisti compiacenti, tra cui un commercialista. Per gli inquirenti a capo di una delle associazioni c’erano Antonio Nicoletti e Pasquale Lombardi, figura di riferimento nella zona di Aprilia, insieme a esponenti della criminalità organizzata campana.
Avrebbero curato gli interessi dei clan Mazzarella-D’Amico e delle cosche della ‘ndrangheta. Per il gip, Antonio Nicoletti “godendo del potere criminale già ampiamente affermato dalle attività illecite e dalle cointeressenze mafiose del padre Enrico, rappresenta il punto di riferimento di dinamiche criminali qualificate sulla capitale”.
Nell’ordinanza si descrive la sua figura come “capo e promotore che sovrintende e coordina tutte le attività della associazione di cui si trova in posizione apicale”.
A capo del secondo gruppo, collegato al primo, sono stati individuati Vincenzo Senese, figlio di Michele, Salvatore D’Amico, detto o’ pirata, e Roberto Macori, ritenuto legato alla “destra eversiva romana, all’ombra di Massimo Carminati” e “divenuto prima l’alter ego di Gennaro Mokbel, per poi legarsi a Michele Senese”.
Proprio il figlio del boss Senese, secondo il gip, fungeva “da garanzia per gli investimenti delle ‘ndrine Morabito e Mancuso, e dal clan Rinaldi/Formicola nel commercio di idrocarburi”.
L’inchiesta ha documentato anche le opinioni di alcuni degli indagati sulla situazione criminale nella capitale. “Perché la politica là è la mafia, là se vai a Roma politici onorevoli tutti corrotti…perché è proprio la politica di Roma che è così” dicevano due indagati in una conversazione intercettata.
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