Dopo quattro anni è tornato dove tutto è iniziato Massimiliano Caiazzo, al Giffoni Film Festival, dove era stato prima che scoppiasse il fenomeno “Mare Fuori”, serie che ha fatto appassionare grandi e piccoli italiani e che ha dato luce a realtà complesse come quelle del carcere minorile di Nisida.
Il giovane attore di Castellammare di Stabia non si sottrae al commento sull’attualità: “Scampia è stata un colpo nello stomaco per me. Anche se ora vivo a Roma le mie radici sono qui”.
Le curiosità dei ragazzi in sala sono tantissime: dall’inizio del suo percorso, definito da Massimiliano “agitato e fortunato”, alle sue fonti di ispirazione – “tra gli italiani, Fabrizio Gifuni e Luca Marinelli” .
Fino al suo rapporto con i social network, quando l’attore ammette: “Ho dovuto cancellare TikTok perché, senza rendermene conto, da che volevo starci cinque minuti, improvvisamente diventava un’ora. E questa perdita di tempo per me non esiste proprio.
I social usano un meccanismo simile a quello delle slot machine. Io l’ho cancellato perché mi distraeva, mi rendeva meno produttivo. Non voglio demonizzare i social però.
Credo che siamo in una fase di transizione, demonizzare non servirà a nulla perché i social sono un’onda troppo più forte. Bisogna semplicemente capire quale può essere il miglior modo dal punto di vista lavorativo di utilizzarli”.
Poi svela un suo rituale durante le riprese: “Quando sono sul set metto la modalità “in aereo” al telefono come un gesto quasi scaramantico, sennò la scena non viene bene.”
Che impatto ha avuto il successo? gli viene chiesto “All’inizio ho avuto bisogno di una buona psicologa. C’è stato un periodo in cui ho tentennato un pochino, in cui ho iniziato a sentire quella responsabilità. Poi però ho iniziato a vedere la gratitudine. E quindi ora ci convivo, consapevole del fatto che potrebbe sparire da un momento all’altro”.
Ma non ha dubbi sul suo mestiere, che sente più come un’esigenza creativa oltre la fama “Il successo può passare ma io continuerò a fare questo. Non avrei potuto fare altro”.
Sono tante e inevitabili le domande sulla sua interpretazione e sul personaggio di Carmine in Mare Fuori, e sull’uscita di scena del personaggio dalla serie: “Era chiaro che l’arco narrativo di Carmine stava andando a chiudersi, ed era giusto così. Ci siamo accompagnati in un percorso, in cui lui ha realizzato il sogno della libertà e dell’amore libero con sua figlia. E dico finalmente per lui!”.
Integrando poi il ragionamento con una riflessione più generale “Un personaggio per quanto possa essere importante nella storia, non è la storia”. Tra le cose in comune tra persona e personaggio, Caiazzo cita il bisogno di protezione e “la capacità di credere in un sogno in maniera imprescindibile e andarci dentro nonostante tutto e tutti”.
Mentre tra i punti di distanza secondo l’attore c’è il coraggio: “Carmine è più coraggioso di me. Questo è un criterio con cui scelgo i ruoli. Per me i personaggi sono i sogni di noi stessi. La parte più coraggiosa di noi, quella che non riusciamo a mettere in pratica nella vita normale”.
La sua aspirazione più grande? “Sogno di ritornare a teatro con qualcosa scritto da me. È il mio obiettivo” afferma senza esitazione l’attore ricordando l’esperienza di Una, nessuna e centomila all’Arena di Verona in cui insieme ad Anna Foglietta ha portato in scena un potente monologo contro la violenza di genere.
“A Verona ho portato in scena una cosa scritta con un’altra artista, con molta più esperienza di me e mi ha ispirato moltissimo. Quindi mi sono detto ma forse è possibile farlo anche da solo”.
Tra i prossimi progetti in uscita c’è la serie ambientata a Napoli “Uonder boys” di Andrea de Sica “in arrivo a fine anno su Disney+” – dice Caiazzo – “in cui mi sono divertito moltissimo, anche se è stato un set lungo, molto faticoso”.
La serie “Storia della mia famiglia” su Netflix della cui data di uscita non sa ancora ma che per l’attore ha “un cast fortissimo, è stata uno spazio di confronto importante per me” e il film “Nelle migliori famiglie” dove dice l’attore “ho un piccolo ruolo ma è stata una bella esperienza, soprattutto mi ha permesso di portare un certo tipo di sensibilità in scena”.
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